mercoledì 1 agosto 2012

Fado (Chiudi la porta, quando esci)

Chiudi la porta
quando esci
non ritornerai,
questa volta.
I tuoi occhi perduti
lontani da me
il tuo sguardo
oltre la soglia
chiudi la porta
al mio egoismo
alle mie bugie
a quando ero lontano.
Ti vedo andare.
Ti ho sempre amata
ti ho perduta
chiudi la porta, amore
ti rivedrò
nelle notti sulla spiaggia
dentro le note del fado per strada
ti rivedrò quando,
solo
smetterò di sfamare me stesso
e canterò per te.

lunedì 30 luglio 2012

Sveglio

Nel buio assente
i tuoi occhi di sogno
uccidono
l'abbraccio innocente della notte

L'indifferenza del vento

Mi sentivo solo
quando ti ho chiamata
il suono crudele dell'assenza
disturba anche il vento alla finestra

Se improvvisamente, dalla torre

Mentre nel post di ieri riportavo le parole del matematico Peano, che ho conosciuto leggendo Piergiorgio Odifreddi, mi è apparsa improvvisamente l'immagine di una torre saracena sulle coste nord della Sicilia e, inaspettata, la tragedia. Compaiono sulla torre Giuseppe Peano (il suo ologramma, probabilmente) Piergiorgio Odifreddi e Fabrizio Cicchitto (?). In tempi di relazioni planetarie, dove la rete riesce a fare miracoli, questa non me lo aspettavo, non capivo come quella veduta mozzafiato, da quel posto così magico si potesse ricomporre in una così desueta, chiamiamola "proiezione". Sommo le parole inaspettato e magia, e, come d'abitudine, vado a cercare una fonte autorevole: "Capitolo VII- Dei corpi composti dei loro rapporti con gli elementi e dei rapporti fra gli elementi e l'anima, i sensi e i costumi." da De occulta philosophia di Agrippa von Nettesheim, non roba da ridere, leggo."... e quantunque tutti gli elementi concorrano alla composizione di ciascuno...ciascun corpo è maggiormente influenzato da un dato elemento...", ma non scherziamo, poi mi sono ricordato della logica e, per tenere fede, fino in fondo, ai principi che mi hanno insegnato i primi due, niente magia, ho scelto il terzo: giù!

giovedì 26 luglio 2012

La logica di Peano

Dubito di coloro che non credeno esista cio che loro sconoscono, o che dichiarano inesistente ciò che si rifiutano di conoscere.
La logica aiuta, e siccome non mi piace minimizzare o semplificare, mi sono rivolto ad uno tra i matematici più importanti mai esistiti: Giuseppe Peano.

"Alcuni logici affermano che si deve solo definire cose esistenti. Fra essi lo Stuart Mill, che partendo dalla definizione di cosa non esistente, e supponendola esistente, arriva a un risultato assurdo. Ma l'assurdo deriva dal supporre esistente ciò che si è definito, non già dall'aver definito cosa non esistente" e "Del resto, la parola esiste ha più significati. La classe nulla rappresenta una classe in cui non esistono individui; ma essa esiste; cosi il numero 0 può indicare o l'assenza di grandezza, o la grandezza 0. In pratica conviene definire non solo cose esistenti, ma importanti."

mercoledì 25 luglio 2012

Il letto della luna

Quando il minotauro smise, improvvisamente, l'eterno rito della seduzione, incamminandosi verso la valle disegnata dai cedri, girò appena la sua emorme testa e, soffiando rumorosamente, gridò alla giovane abbandonata sulle foglie che odoravano di mirra: non esisterà distanza, non esisterà tempo perchè tutto questo possa essere dimenticato, e

quando la luna stanca anelerà il sonno
i tuoi occhi di fuoco
ricorderai
ammiccare alla morte
e il piacere a lungo cercato
avrà le sembianze del mostro.

martedì 24 luglio 2012

Mandami amore e luce ogni volta che mi pensi e poi, dimenticami

La vita muta
e la porta aperta che hai lasciato
il cambiamento che hai cercato
i sentieri solitari, lontani
che non hai percorso
sono nella tua mente
tutto ciò che hai immaginato
esiste
dentro di te
ora che l'universo ti possiede.

"Mandami amore e luce ogni volta che mi pensi e poi, dimenticami" è una frase rubata al film "Mangia prega ama" del regista Ryan Murphy

Le cose che tengo di sotto

Scendo affannato
gli scalini sconnessi
che precipitano nella polvere della mia vita
la parte oscura
comincio a contarli
ricontarli
dieci, dieci
erano dieci
ma la mia ansia li ha centuplicati.
Devo scendere 
là sotto ho riposto
quello che cerco
là sotto al buio
le cose piú inconfessabili,
il libro della purezza
niente parla di me, oramai
non più
lasciato il segno e dimenticate.
Le foto più brutte
le cattive compagnie.
Viaggio al centro della terra,
mille emozioni per finire
solitario
nella scatola della mia pigrizia
una cosa avevo dimenticato
eccola la magia
che non è mai diventata adulta.
Nell'angolo più buio
la ritrovo
era lì,
come me la ricordavo,
perchè mi hai lasciato al buio, tutto questo tempo,
ho pianto
quando ho rivisto il mio amore.

Gridavo il tuo nome

Quando le tenebre
ricoprirono le ultime speranze
respiravo ancora
ancora anelavo amore
e nel buio ossessivo
gridavo il tuo nome,
il silenzio innaturale
vigilava sui battiti vitali
e io gridavo il tuo nome
sempre piú forte
urlavo come natura di lupo
impone
e le pupille di animale
fissati nella  nera consistenza
perchè non mi hai portato con te?
Gridavo ancora il tuo nome
quando la morte gentile
soffió ai miei occhi
rossi al tramonto.

sabato 16 giugno 2012

Amore e Tempo

Amore e Tempo è la formula della possibilità, l'unica che abbiamo, Stendhal diceva: " Di tutti i sentimenti, l'amore è quello che ha maggiore bisogno di ozio". L'amore ha bisogno di essere ascoltato e, se non hai tempo, ti sfuggirà il senso della sospensione temporale in cui ti costringe. Questa riflessione è una dedica a due amiche, Adele, poetessa che ama Alda Merini, e Angela la Signora dei sottofondi (musicali) che mi ha ispirato questo post, alla prima dedico "Ti ho rivisto, l'altro giorno" ad Angela, la musica che verrà.

Ti ho rivisto, l'altro giorno

Ti ho rivisto, l'altro giorno
da lontano
ho pianto
la tua poesia
le tue mani
ho pianto per le tue menzogne
per le parole che ho amato
ho pianto per la verità
che mi sussurravano le
tue mani instancabili.

L'impotenza del tempo

Kronos seduto impassibile
scrutava l'alba nascente
di tutte le domande che
per mille e mille anni gli avevano posto
una, lo aveva sconcertato
"perché miracoloso signore dell'infinito, sei impotente al cospetto dell'amore?"
Si rialzò, a fatica
e s'incamminò verso occidente
a negare la luce alla verità.

venerdì 15 giugno 2012

L'ultimo giro

L’ultima ciocca di capelli
ora è a posto,
è sempre stata ribelle
non devo scordare di bere, tanto
avrò bisogno di tutto me stesso,
e lasciare le ultime cose in ordine
le ultime raccomandazioni a Lei
mi mancherà
leggerò l’ultima terzina
dell’ultima fatica
di chi mi ha ispirato
ho bisogno di mangiare
sarà faticoso.
Allaccio ossessivamente
una,due tante volte
le mie vecchie scarpe, per iniziare
l’ultimo giro
la prova pù difficile.
L’ultimo giro della fine
non finisce mai.

Devo un ringraziamento speciale a L. che parlando “dell’ultimo giro” ieri, non ha smesso per un solo attimo di essere allegra. Volevo ripagare la sua grazia e il suo amore per la vita con parole degne del suo sorriso ma, sento di essere stato inadeguato. Grazie

martedì 12 giugno 2012

Punto.

Ora, devo solamente cominciare daccapo
cominciare da dove tutto si è interrotto
passare oltre l'effimero seducente
le sirene appaganti
oltre il buio della certezza
l'incorruttibilità del passato
mi voglio immergere nel mare oscuro
freddo
profondo
voglio conoscere
scoprire
saziarmi delle albe che ho trascurato
di costellazioni a notte fonda
cominciare
dal buio che mi ha ossessionato
lontano dalla luce
che ho creduto poesia
iniziare,
dove avevo scritto punto,
mentre morivo.

lunedì 11 giugno 2012

Il fuoco e il dolore del poeta

Quando sento, forte
la passione
e l’alta temperatura
febbre oltre l’umano sopportabile
che mi fa muovere lentamente
febbrilmente
con le mani sulla tastiera che bolle e,
mento di parole vere sofferenze reali,
quando sento la poesia che sottostà al perverso stato del sogno,
in quel momento dovrei con intensità pensare al vero fuoco,
il fuoco che brucia i corpi non la mente,
al fuoco delle cose per le cose
ecco allora,
dovrei pensare agli altiforni
dove la poesia non é di casa
perché lì abita la disperazione.

mercoledì 6 giugno 2012

Diottria

Un'altra sfera,
 una perfetta metà
la forma compiutamente concava
impalpabile
i contorni appena accennati
il tuo volto, così emaciato,
un'altra ancora te prego
la tua piccola ruga
che abita sotto l'occhio destro
é così profonda,
perché non ti ricordavo così bella
continua
ora il fuoco é perfetto
sei come sei sempre stata,
meravigliosa
come quando ero cieco.

lunedì 4 giugno 2012

lunedì 28 maggio 2012

La Morte deve essere


La Morte deve essere, diceva un vecchio canto indiano, se no, dove metteremmo tutti i bambini che nasceranno.
Dove metteremmo i nostri sogni, se non morissero i vecchi pregiudizi.
Non ci sarebbe posto per le idee se vivessero, per sempre, le idee vecchie che affollano le nostre menti stanche.
La morte, più ne sei vicino maggiormente apprezzi il valore della vita, quella vissuta veramente.
Le farfalle, come potrebbero vivere di una bellezza eterna se vivessero in eterno,
e l’amore, che è eterno per i poeti, e vive di vita breve e stentata.
Se non morissimo, a volte non avremmo l’occasione per riscattarci, e da vivi, aspettiamo sempre il tempo che verrà, ma il grande regolatore, la saggezza che ti manca, non te la regala. Solo poche cose non hanno bisogno della morte, la meraviglia e la connettività, tra le altre.
Per questo non disdegno scrivere di Morte.

P.S.:
Connettività, non è una conclusione poetica ma, “La morte deve essere” nasce da questa “magia”, connessione tra musica con poesia, e per questo, devo ringraziare Angela, che è sempre “connessa” senza correre il rischio, come direbbe Steven Johnson, che la società del multitasking rovini la sua, la nostra creatività. Grazie Angela







La logica del ragú

“Occorre dunque stabilire anzitutto, quanti siano i fini di coloro che discutono per primeggiare, con vera ostilitá” , l’odore del ragú dominava, in quel momento, anche le idee. Il rugú é identitario, non ha bisogno della “logica” che, di odori diversi, opposti, si nutre e anche se le ricette sono molte, ognuna, conserva gelosamente la propria identitá. “In effetti costoro si prefiggono, prima di ogni altra cosa, di suscitare l’apparenza di una confutazione”. Aristotele si insinua, timido tra il trito profumato di terra: cipolle, sedano, carote e, mentre lo sfrigolio muta in concerto, mi viene in mente che, una delle prime cose che ho imparato delle classificazioni in logica di Atistotele, Eristica, mi aveva appassionato, come la preparazione del ragú, perché l’idea che si potesse discutere di un argomento basato su una premessa falsa, era come ipotizzare la preparazione del ragú per un pasto veloce. Nella premessa (in filosofia) sono contenuti gli elementi da cui si deducono le conclusioni, nascono nella premessa e si sviluppano nel discorso, in logica la premessa é il fondamento. Il ragú si stava sviluppando sulla premessa di:
il tempo necessario;
la giusta base vegetale;
e la carne, cotta prima e prima scelta con sapienza.
Premessa e argomentazione impeccabili.
Ultimamente ho sentito moltissimi discorsi di politici- “cuochi” basati su premesse false, e tutti a bocca aperta, non per mangiare il mio ragú, ma per abboccare. E poi c’é chi non mangia il ragú per l’eccesso di calorie che contiene, ma é disposto ad ingoiare, a zero calorie, le falsitá che tutti i giorni ci propinano. Io preferisco ingrassare, logicamente.










mercoledì 23 maggio 2012

Gli uomini che implorano

Gli uomini implorano il perdono
pregando un dio multiforme
s'inginocchiano
prostrano la coscienza alla finzione
per poi alzarsi le spalle alla luce
e ricongiungersi al mostro che li ha generati
mentre piangono l'anima
che hanno rinnegato.

martedì 22 maggio 2012

Il posto dei libri- La Recherche

Abbiamo sempre avuto paura del cambiamento, anche piccolo, la nostra struttura cerebrale (ne ho parlato in un precedente post) non è evoluta a tal punto da accettare i cambiamenti repentini. Per questo sostengo che il cambiamento deve prima di tutto avvenire in noi stessi, con l'assunzione del principio che l'immobilità del certo, per quanto ci possa apparire appagante e soddisfacente, è la negazione del “migliorarsi”; mettersi in discussione, conoscere, esplorare nuovi orizzonti è la condizione essenziale per crescere o, se vogliamo per evolversi. In periodo di totale oscurità come quello che stiamo vivendo, non da pochi anni, è imperativa la conoscenza, che è la chiave per aprirci al cambiamento, per questo motivo, mi sembrava che parlare della "Recherche", fosse quanto mai appropriato. Fortunatamente non leggerò io, questa volta, anche perché il breve brano che vi sottopongo, sarà letto nella lingua originale e poi tradotto. Un grazie particolare alla mia lettrice d'eccezione, grazie anzi, merci. "Cliccate pure e, buona ricerca."

giovedì 17 maggio 2012

Lontananza in tre parti

Lontananza etimologica
Lontananza, longitudine, longitudo, lungo

Lontananza e la Fisica
Il tempo necessario perché sia percorsa la "distanza" tra il punto "A" e il punto "B" dipende dal rapporto energia: vuoto, cioé più la distanza tra i due punti è percepita come "vuoto" (intensità della percezione) maggiore è il tempo necessario per unire i due punti. Maggiore è il tempo, minore è la longitudine tra i due punti. La percezione della distanza è direttamente proporzionale non alla distanza stessa, ma al vuoto che essa crea.

Lontananza e la poesia
Cammino da un giorno
mi sembri più lontana
posso quasi toccarti
ma devo ancora camminare
ora vedo benissimo quel piccolo puntino nero
nei tuoi occhi
ma manca ancora un giorno
il paesaggio intorno lo vedo più lontano
e tu più vicina
ancora un giorno, mi sembra un anno
ho finito l'acqua, e cammino
ho fame, ma non mi fermo
il sudore oramai ha preso il posto del profumo di gelsomino
ancora un giorno
non mi fermeró
se prima non avrò preso le tue mani.
Sei andata via da un minuto
e per dirti
ti amo
sto camminado da una vita.

Devo ringraziare Azzurra, perché crede che la fisica possa diventare poesia.

Niente è fermo

Niente è fermo
la foto di noi due al mare
l’amaca
immobile un attimo prima
la scultura maya della feconditá,
vicino ai miei libri
che si muovono come senza gravità
tutto è in movimento
ruota inesorabilmente
attratto da un centro
immobile
nella mia testa.
Il volto di mia madre
e di mia sorella
così giovani, così belle
tornate indietro
in quel movimento inesorabile
di tutte le cose.
Com’eri piccola
amore mio, la foto di mia figlia
la vedo volteggiare e,
mi appare una donna,
sarai così?
Immobile sento il vento teso
che mi chiama
a spostarmi dalla palude
e partecipare
alla rotazione vorticosa della vita
insieme, nel girotondo
che non conosce il tempo.



martedì 15 maggio 2012

Quando si popola la notte

Un urlo, prolungato
lontano
ma lo sento
come dentro la mia testa
la avverto,
la paura
correre velocemente
venirmi incontro
per annullarsi
di gemiti
che pulsano ritmicamente
intimamente,
come fossi io,
lontano a urlare
solo.
La notte quando si popola
delle urla di ombre disabitate
e gemiti senza anime
accoglie con il suo abbraccio di madre
la solitudine degli uomini che negano la luce.

sabato 12 maggio 2012

Il posto dei libri

Un libro interessante "Tesi sull'esistenza dell'amore", guardalo al suo posto:
Guarda "I posto dei libri Tesi sull'esistenzaI" su YouTube

martedì 8 maggio 2012

Il posto dei libri

Quando ho cominciato seriamente a comprare libri, non avrei mai immaginato che, un giorno, non sarei riuscito a dare loro una casa adeguata. Ieri mentre cercavo luoghi nuovi dove collocare gli ultimi arrivati, mi è venuta in testa una strana idea. Ritorniamo un attimo indietro. Quando le mie librerie oramai traboccavano, non solamente per i numerosi volumi che possedevamo ma, forse principalmente, per il "disordine creativo" che ispirava il loro posizionamento, avevano deciso di riporre quelli che oramai avevamo abbandonato (?), in scatoloni di cartone, che ora giacciano nel buio più profondo di una cantina. La tregua è durata diciamo, approssimativamente, circa due anni, dopo, punto e a capo: libri ovunque. La cosa inquietante è che questa situazione, mi piace in maniera inquietante e, se "crisi" è uguale a "opportunità" (almeno nella scrittura cinese: 機會, o così si favoleggia) come dicevo, ho avuto l'idea di rendere visibili questi clochard della letteratura, li ho fotografati sotto i loro "ponti" e ho aggiunto un breve video, dove leggo un brano di questi "senzatetto". Una sola avvertenza, leggo in maniera indegna. "Clicca quì", e tutto sarà chiaro.



venerdì 4 maggio 2012

Le promesse degli uomini

Ti porterò lontano avvolta dalla promessa del viaggio
ti sedurrò parlandoti all’infinito di tutti i colori,
gli odori,
i sapori,
le terre lontane
dove nasce il Nilo,
di un luogo magico
dove il gigante che guarda il mare
urla quando non sente gli amanti parlare
toccherò i tuoi occhi, e ti vedrai
distesa sulle sabbie bianche
dove il sole va a dormire quando la musica tace
ci tufferemo insieme nelle fredde acque
della dea che fa rinascere la vita
un attimo riposeremo
per continuare per sempre
il viaggio che vive delle promesse degli uomini che vivono

mercoledì 2 maggio 2012

Intorno, il tuo sguardo vuoto

E’ tardi,
il sole del primo pomeriggio
e il tempo andato
inondano la stanza
senza colori
di giorni perduti per sempre,
chiudi gli occhi per ritornare
un attimo
a desiderare la notte.



giovedì 26 aprile 2012

Quando la "Negazione" contiene il "Principio".


Uno strano modo di convincere i cittadini inconsapevoli, chi, in assoluta malafede pronuncia: "populista" e, udite, udite "demagogo", veramente uno strano modo. Guenon tra le meraviglie che ha detto, una, contenuta nel titolo di uno dei suoi libri, mi pare appropriata: "Il regno della quantità" (il titolo completo è "Il regno della quantità e il segno dei tempi"), perché nella logica ideologizzante del possesso sfrenato, non abbiamo tempo (?) per riflettere, analizzare direi, “logicizzare” i processi comunicativi, ci vuole un po’ d'impegno, che si traduce in tempo, che traduciamo in negazione della sostanza, a favore di una veloce e poco incisiva accettazione di slogan. Ora lontano da me, spiegare parole come "populista" e "demagogo" che hanno ben altre accezioni, ma che, ad arte, sono usate per disinformare i più distratti, aggiungo che, vivere sempre nel presente, come sostiene Fabio Merlini nel suo "L'efficienza insignificante. Saggio sul disorientamento " è la condizione necessaria perché si concretizzi il paradigma del perfetto uomo moderno: il consumatore. Merlini non a caso, pone questa nostra condizione come causa primaria di un disagio psicologico (e non solo) sempre più crescente dell'uomo moderno e, il fattore tempo (vivere sempre nel presente e correre) perde la sua estensione naturale, muore, essendo sempre “presente”, da questo nasce la parola indicata nel sottotitolo dello stesso autore: “disorientamento”. Più sei disorientato, più sei manipolabile e, con maggior facilità, accetti slogan e giudizi (pregiudizi è meglio). Tuonando, senza aggiungere contenuti e ragioni, "populista" e "demagogo", si ottiene l'effetto desiderato, perché scatta un meccanismo di autoconservazione che ci fa pensare: "ma se sale un demagogo al governo, potrò comprare quel telefonino così in, per fotografare i miei idoli, domenica?" Ora pongo una questione filosofica,indicata nel titolo,se dico, come qualcuno dice:"Non rubare" (frase attribuita a un giovane populista anni addietro) è necessario spiegare i principi generali, dissertare, confrontare pareri sul perché non si deve rubare? Vi sono talune cose nella nostra vita, che dovremmo dare per scontate, se il nostro Presidente dicesse: "Ama il prossimo tuo come te stesso", non avrei ragione di dirgli, spiegami perché. Perché le basi della civiltà, delle relazioni, la ratio su cui si fonda la stessa vita del genere umano ragionevole, dovrebbero essere incise a fuoco, o sulla pietra, se preferite, nelle nostre menti e nel nostro cuore. Se ti dico non rubare, non mi dare del populista, per un telefonino di merda, demagogo!

lunedì 23 aprile 2012

Non voglio niente dentro di me

Se un giorno svegliandomi
vomitassi il cibo che ho rifiutato
sudassi d'acqua trascorsa
i miei occhi chiusi vedessero la vita
che è stata
e il futuro oscuro
che mi opprime,
scorderei tutto
ma non dormirei
per risvegliarmi
nelle ombre
di intelligenze bigotte
che nutrono d'inadeguatezza
il mio vuoto.
Non voglio niente dentro di me,
mi nutro di poesia
e di rivoluzione.

giovedì 19 aprile 2012

Fantasmi nascosti

Vestita di nero,
il corpo mortificato, senza luce
la speranza nei suoi occhi, prigioniera
al suo passare
corpi vestiti bene d'insofferenza
rifuggono la vicinanza
intimoriti come dalla morte,
non ti curare di loro
non della tua mortificazione hanno paura
come d'ombre di carne
ma degli spettri che portano dentro.

martedì 17 aprile 2012

Improvvisamente

Se ti trovi improvvisamente
in un posto sconosciuto
senza le tue costose scarpe
e la camicia bianca profumata d'attenzioni
solo
senza nemmeno l'ipocrisia
che le circostanze ispirano
Se ti trovi improvvisamente
a fare i conti con te stesso
senza la musica che ti ha sfiorato
senza un uomo che hai smesso di comprendere
senza una donna ingannata d'amore
Se ti trovi improvvisamente, solo
senza aver mai pianto la mancanza
senza le lunghe notti d'estate
senza il primo freddo
e piccole mani abbandonate sul petto
Se ti trovi improvvisamente, solo
di emozioni liberato
perché sapere i perché
di una vita vissuta senza anima.

lunedì 16 aprile 2012

Il principio del coro

Dai lontani confini
all'orizzonte del tempo
gli angeli più belli
erano arrivati
già risuonavano
le note acute di angeli neri
e le armonie suadenti e vigorose
dei demoni redenti
migliaia di anni
ognuno trascorso
perché si mostrassero
tutti insieme,
l'angelo bambino sopraffatto dalla bellezza
smise il suo tenero canto
e intonò un pianto profondo
si spezzarono le delicate armonie
e il baratro si aprì
nel silenzio dei primordi.
Il principio del coro
tuonò il Signore delle voci
è l'assoluto
che si ammanta di bellezza
non chimerica beltà
ma eterna ricerca
che solamente con il canto dei bambini
si potrà compiere,
riporto in alto la bacchetta di cristallo
e le note risuonarono eterne
come la perfezione dell'amore.

giovedì 12 aprile 2012

La Ricerca- La sorte degli uomini, parte III


Il fuoco delle profondità del tempo
intonava melodie di morte
suoni impetuosi fuggivano
da coni di pietra orlati di zolfo
nella terra di Caos che tutto originò
la dea incurante del nulla anteriore
plasmava la vita
di rossa argilla, e le mani di luce
crearono Humus
suo figlio
il figlio dell'inquietudine
e al cielo lo rivolse
per gridare
Mai più si dischiudano le tenebre
finché la ricerca non sarà terminata.

Nota a margine.
Devo ringraziare per questo post le tenebre che mi consentono la ricerca, così ho trovato la favola della dea Cura (una semi dea, per la verità) in "Essere e tempo" di Martin Heidegger che attribuisce al poeta latino di origine spagnola Gaio Giulio Igino, ma non era una ricerca "mirata", perché leggevo "Io e Dio" di Vito Mancuso che cita Cura e Heidegger, in un paragrafo memorabile; ma non l'avrei mai scritta così com'è, se non avessi ascoltato, come sempre faccio, la giusta colonna sonora, e per questo devo un grazie speciale alla mia amica musicista Grazia, e al Requiem in D minore, K 626 di W.A. Mozart diretto da Herbert von Karajan. L'ho ascoltato per un tempo infinito, almeno così mi è parso.

mercoledì 11 aprile 2012

Anossia (del perché piangere d’Amore)

Non compresi i perché
delle lacrime
mi sorpresi di provare angoscia
e vedere solo tenebre
caddi in un sonno senza aria
e il mio cuore smise di battere
tutto ciò che accendeva la vita,
morto.
Ma ora che piango e urlo
la sofferenza non mi negherà l’Amore
per ricominciare
oltre l’oblio che d’asfissia si nutre.

martedì 10 aprile 2012

L’origine della sofferenza

I- Il senso

Non ho sofferto per niente
aveva tutto uno scopo
le interminabili notti
il cibo rifiutato
la poesia morta, nella culla
tutto aveva un senso
ma non sapevo.
Ora riapro il libro delle possibilità
nelle parole di Crono
“La genesi dell’Amore”
eterne di fuoco
tutto mi appare definitivo


II- L'illusione del vento

Mi attardo per non capire
nei luoghi più bui
ascolto le grida dei dannati
e vedo fuggire davanti a me
ciò che sarei stato
prima di voltarmi al vento
per fuggire all’Amore


III- Frammenti di felicità

Cento specchi mi rimandano
l’immagine effimera della felicità
e il fragore di centomila frammenti
acceca
la mia solitudine.



giovedì 5 aprile 2012

Come stai, Amico mio

Come stai, Amico mio
i tuoi occhi, spenti
annegati di lacrime
appaiono lontani
a scrutare Veddharta
concupito da bagliori di morte
come stai, Amico mio
le tue mani, fragili,
le tocco vuote, Amico mio
assenti di vita
come sei magro, Amico mio
di suggestioni di sazietà provvedi
o di perdizione
mangia, Amico mio
non nutrirti di mancanza
disprezzane il sapore
e gli odori
vivi
Amico mio
ora che sei morto per amore.

lunedì 2 aprile 2012

L'ultimo ciclo

Quando volse lo sguardo a oriente, le acque già si ritiravano e la terra aveva smesso di tremare. Un sole pallido spuntava all'orizzonte, finalmente la lunga notte durata seimila anni, stava per tramontare, l'angelo rinfoderò la spada e si rivolse al cielo: "ho combattuto tutto questo tempo per la verità,
ho sconfitto la cecità con cui guardavo il mondo,
ho bevuto l'acqua amara degli inferi,
ho soffocato la mia vanità e scoperto il bene assoluto
Ora ti porgo l'essenza, perché l'umanità non sprofondi mai più nelle tenebre, e nessun uomo debba più nascere dal dolore della propria madre, e così dicendo, alzò le tavole di prezioso metallo, dove stava scritto:

Perseguirai:
La venerazione del bene
l'attrazione per la bellezza
il desiderio di giustizia
e l'assolutezza dell'amore

Spiegò le ali e si allontanò verso sud, per proseguire il viaggio fino alle terre dell'illuminazione, dove tutto era iniziato.

NOTA A MARGINE: Sembra un po’ strano, anche a me che ho scritto queste parole, ma tutto inizia con la parola "passione". Mio nonno si chiamava "Passione", Teodosio Passione, come un segno del destino, e lui un vecchio contadino, cristiano evangelista, era un po’ l'opposto di questo suo strano nipote, ma come spesso accade, il dio caos decide senza schemi decifrabili e l'ottusa obbedienza religiosa e civile ha fomentato la mia "Passione" di ben altri contenuti e prospettive, e per la concomitanza della "settimana dei Misteri", come la chiamano dalle nostri parti, mi sono rifugiato nelle mie incertezze che hanno il corpo dell'"L'ultimo ciclo".

 Per questo post, devo ringraziare Paul Auster, uno dei maggiori interpreti mondiali del cosiddetto "catastrofismo illuminato", per il suo gusto per i paesaggi; René Guénon, per gli insegnamenti sui cicli cosmici che ho interpretato e tradotto in la "lunga notte durata seimila anni"; e per pareggiare tanto laicismo e spiritualismo, ringrazio, e non è la prima volta, un cattolico cui ho rubato in maniera invereconda, direbbe il nonno, quello che è scritto nelle tavole cosmogoniche (quelle di “prezioso metallo”): "La venerazione del bene, l'attrazione per la bellezza, il desiderio di giustizia e l'assolutezza dell'amore, tratte dal suo ultimo libro "Io e Dio", Vito Mancuso. Voglio finire con lo stesso Paul Auster, in una sua poesia di cui cito: "...niente che queste parole possano darti, ma le sento parlare attraverso di me, come se solo questo fosse ciò che desidero....”.



giovedì 29 marzo 2012

Con un dito


"Non confondere l'efficienza coi disturbi di fegato", vale una citazione dal film Mary Poppins per buttarla sul popolare, o se preferite, non "confondiamo il cazzo per equinozio", per scomodare un poeta come Gabriel Garcia Marquez, così mi sembra d'effimero parlare se parlo di conoscenza, quella vera, ci piacciono le certezze, anch’esse effimere, ogni cosa, ogni fatto deve essere conoscibile, in alternativa, lo abbandoniamo, non abbiamo tempo per adottare l'ignoto, anche quando si mostra sotto forme familiari, o a noi molto vicine, l'amore non è escluso da questo contesto. Certezze blande e inclinazione all'onnipotenza, è un po’ il segno di quello che siamo, della mancanza di vere passioni, la politica non è esclusa da questo contesto, minimizzare gli obiettivi dei nostri pensieri, costringerli in piccole, comode gabbie di pregiudizi, per vivere d'effimero la vita, nell'amore nella politica e, non sono escluse dal contesto, le parole del già citato Marquez, che nel suo " Cent'anni di solitudine" parla, tra le mille e mille cose, della "giovinezza" e del fatto che per sapere, conoscere, non è necessario abbandonare i sogni, basta additarli in rigoroso silenzio. A te Gabriel, e grazie: "Il mondo era così recente, che molte cose erano prive di nome, e per citarle bisognava indicarle col dito."



mercoledì 28 marzo 2012

Spazio, Tempo E Globalizzazione

Spazio e tempo nelle società avanzate (dal solo punto di vista economico), sono concepiti come supporti dell’azione umana, poiché la stessa si svolge in un continuo perfezionamento del presente a distanza “zero”, in risposta agli stimoli della pragmatica consumista, in cui spazio e tempo perdono le loro estensioni di distanza e di durata e diventano fattori importanti della “trasferibilità ottimale”. Secondo Fabio Merlini la “mobilità globale, uniforma i mondi solo dal punto di vista della loro ricettività” in mancanza di questa caratteristica, i soggetti e i mondi, vengono limitati, nei fatti, nei loro diritti civili e di esistenza. Vivere in un continuo presente, è lo stato “esistenziale” necessario perché avvenga la “magia” del mercato globale (nel disegno oscuro del consumo all’infinito, dove presente e infinito, non sono antinomici ma correlati, dove il futuro è solamente l’estensione delle necessità del presente) e mentre inconsapevolmente rifiutiamo il passato, ci disinteressiamo al futuro (se non in rapporto alle cose che potremo avere) in una sorta di dissociazione antropologica. Mi piacerebbe recuperare la visione utopica di spazio e di tempo, e se “lo spazio assoluto ha una realtà propria indipendentemente dall’esistenza di ogni materia” (e non è funzionale o supporta scelte globalizzanti), “Il tempo non è altro che la forma del senso interno (a noi uomini, N.d.A.), cioè dell’intuizione di noi stessi e del nostro stato interno (“interno” anche come “anima” N.d.A.). Cancellando spazio, tempo e in assenza di un pensiero critico (che diventa il fattore determinante) nella sostanza, la globalizzazione economica perde la sua aspirazione, per scomodare nuovamente Kant, a diventare “legge universale”, per rappresentare l’aspetto autoreferenziale della stupidità umana.

Per questo post ho scomodato, e ascoltato:

Fabio Merlini, nel suo saggio: “L’efficienza insignificante” Edizioni Dedalo, 2009 e addirittura Immanuel Kant, nella sua “Critica della ragion pura” Laterza economica, 2005.

“Sinfonia Patetica” di Tchaikovsky.

Nel pomeriggio

Non ti ho vista oggi,
nel pomeriggio
quando sfogliavo l'album del tempo
non ho riconosciuto le note
suonate nel cortile
e le voci della mia infanzia lontane
smarrite nel sapore delle stagioni
di campi arati che si preparavano alla vita,
non ti ho vista mentre
cercavo tra mille volti
i viaggi dimenticati
e il sale di nakuru
ti ho cercata, ma non ti ho vista
nella solitaria spiaggia arsa d'inverno
e il tuo grembo che sussurrava al futuro
non ho visto la bellezza dei tuoi occhi
che sbirciavano felici
i rami appesantiti da mille ali, in primavera
speravo di vederti
leggere il tuo libro preferito
nel pomeriggio
dove si perdono i ricordi
e gli amori restano sopiti.





lunedì 26 marzo 2012

Un battito è silenzio


Non riesco a capire
un battito
silenzio
un battito
silenzio
sto così bene, che non capisco
ho appetito
sto bene
mi muovo agilmente e me ne meraviglio.
Un battito
silenzio
un battito
silenzio
guardo la tristezza del mio cane,
ti passerà
lui mi guarda
ti passerà, come se lo dicesse.
Se ascolto, con attenzione
il silenzio
vibra dei colori della vita.

venerdì 23 marzo 2012

Se le stagioni non tornassero più

Se le stagioni non tornassero più
e una pallida luna rischiarasse
notte e giorno
fino alla fine
le menti ottuse egemoni di morte,
se la vita si trasformasse, lentamente
in oscura materia,
chi bacerebbe la rossa bocca della primavera
chi terrebbe per mano il bambino che sei stato
chi ascolterebbe i gemiti di un amore appena nato
chi accarezzerebbe i bianchi capelli dell'uomo che cantava le favole
che scriverebbero i poeti.
Se le stagioni non tornassero più,
non ritornerei
per vivere di luce opaca senza amore.







mercoledì 21 marzo 2012

Il buio dopo la notte


Baciami,
baciami ora che è buio
e ho paura
baciami che ho freddo
e muoio,
lentamente
bacia la mia tristezza e i miei capelli
bacia la mia bocca di menzogne
baciami,
proverò ad amarti
prima che il buio torni
dopo la notte.



martedì 20 marzo 2012

Tu, io (Disputa sul cibo e sull’Amore)


Rosso in una disuniformità di valli vermiglie e frutti rossi succulenti, collosi e,
i tuoi occhi verdi.
Tu: “sei pronto?”
Io: “no!”
Tu: “hai fame, e non sei pronto!”
Io: “sì, no!”
Tu: “ci vogliono due “Si”.
Sollevi la spatola, bianca e delicata, perplessa la porti alle labbra.
Tu: “io ho fame”,
Io: “anch’io”.
Con perizia apri il barattolo di pasta di sesamo e zenzero, fissandomi negli occhi:
Tu: “è solo un gioco!”
Io: “non per me!”
I due corpi nudi e la conserva di ciliegie, il sesamo, lo zenzero. Lei si muoveva con sapienza delicata, Lui inconsapevole di gusti e di gesti, seguiva, come alla deriva, le onde ritmate della passione. Quando l’ultimo cookie trovò la pace nella bocca arida di lui, la tempesta transitò nel suo occhio, e la furia cessò.
Lei: “ciliegie, sesamo, zenzero e baci, è solo un gioco, ed eri pronto!”
Lui: “la mappa!”
Lei: “la mappa?”
Lui: “sì, nella mappa che possiedo, è facile arrivare al tesoro, una lunga linea curva e una “X”, in fondo!”
Lei: “eh?”
Lui: “non sono pronto a deviare da quel percorso, conosci perfettamente il punto esatto dove arriverai. Niente profumi esotici, ciliegie, niente pasta dai sapori accattivanti.”
Lei: “l’Amore non è un percorso prestabilito!”
Lui: “forse!”
Lei: “non c’è nessuna “X” e i luoghi sono pieni dei più strani profumi che tu abbia mai immaginato e, la linea curva, la tua, si interseca con altre linee, come in una matassa da gatto!”
Lui: “e a che punto della “matassa” tu lo chiameresti “amore”?”
Lei: “neanche il gatto lo sa, e di grovigli se ne intende, però è questo il gioco, stringi forte la mano di chi Ami e vai avanti!”
Lui: “e…..”
Lei: “quando senti una brezza leggera che profuma di sesamo, che punge di zenzero e vedi il rosso unico che le ciliegie ti regalano, forse non sei nel posto giusto, ma non devi tornare indietro, pronto o no, devi assaggiare, gustare se puoi, capire tutte le possibili combinazioni della perdizione!”
Lui: “è solo un gioco?”
Tu: “Si. La vita non è disegnata in nessuna mappa, anche se a volte lo crediamo, e se proseguendo, ti ritrovi in un giardino di limoni che ti stordisce,in un campo di grano bramoso di falce, se lungo i grovigli scorgi una distesa di alberi immensi e morti, se prima del gatto annusi l'erba al mattino che gioca con la solitaria goccia di rugiada, rapiscine le essenze e includile nelle ricette già scritte, non scartarne nessuna, neppure quelle che odorano di morte, scrivile nel grande libro, dove tutti gli amanti hanno immortalato le emozioni d'Amore!”
Io: “grazie. Ti Amo!”
Tu: “ecco, adesso sei pronto!”













lunedì 19 marzo 2012

Tagli Brutali

"Il primo problema che abbiamo fin dalla nascita è provocato dal brutale taglio del cordone ombelicale, con il quale veniamo separati dal cuore della madre molto prima del dovuto." Si prova dolore a ricreare i ritmi ancestrali del nostro cuore, li ritroviamo, a volte, quando amiamo intensamente, e se per una seconda volta dovessero reciderlo, anche con la delicatezza della mano amata, il cuore si fermerebbe, e noi continueremmo a vivere.

Il virgolettato è di Alejandro Jodorowsky, il resto è una poetica e assurda riflessione sulla condizione umana e sulla vita apparente.

venerdì 16 marzo 2012

Tu canti, ma non sai di cantare

Tu canti, ma non sai di cantare
la finestra chiusa
e il mondo fuori che ascolta rapito,
ma tu non sai di cantare
guardi distratta la vita
e il tuo letto abbandonato
di dolci carezze e promesse,
mai mantenute.
Non senti la voce della tua anima
dolcemente cantare il cielo degli amanti
perché non sai di cantare,
mentre in silenzio
accarezzi le note gentili della morte.
Se solo sapessi di cantare
tutte le muse del mondo
soffierebbero l’oscurità
per disperderla
nella luce pura dell’amore ritrovato.



giovedì 15 marzo 2012

Il centro in politica e il suo divenire

Mi è venuto in testa (cosa generano tutti quei contatti elettrici, non c’è dato sapere) che tutti quelli che parlano di "centro" in politica non ricercano una posizione mediana, aperta a compromessi più o meno nobili, bensì la "Via del Mezzo", la posizione verticale del "fulmine" (Vajra in sanscrito) nella simbologia orientale, che è anche la rappresentazione della "Via del Cielo"; e se questi “sprovveduti” avessero il dono della preveggenza, e il loro “centro” fosse il fine di una inconoscibile via spirituale?


Io conosco già le risposte (sinapsi ritornate a uno stadio normale), che non contemplano passaggi o paesaggi mistici, che non prevedono ascensioni verticali (tranne quelle dovute per convenzione religiosa), bensì meri calcoli di meschina conservazione, e “sprovveduti” lo sono, in una visione di trascendenza, naturalmente.



mercoledì 14 marzo 2012

La metà relativa


Nelle relazioni umane, il "relativismo" travalica le formule, le ipotesi, le congetture fisico- matematiche esistenti, e, aggiungerei, che potranno essere mai pensate. Molte volte usiamo espressioni come "l'altra metà" o "la metà spirituale" o ancora "la mia metà", "la perfetta metà" come nella legenda della separazione dell'androgino (legenda che adoro), che non vanno oltre il loro disegno verbale, che non sono altro che modi di dire esemplificativi, di comodo. Quanta profondità, passione e inquietudine, rappresentiamo pronunciando queste formule verbali, se per primo, chi le enuncia non ne conosce le ragioni profonde che le determinano. Tutto è confinato nelle certezze, che crediamo assolute, e che, spesso, mancano dei presupposti di conoscenza, di emozioni, d'amore. Per questo sono portato ad affermare che l’esistenza stessa delle relazioni umane è legata alla loro rappresentazione, sia pubblica sia privata, perché non è vero, che l'accettazione da parte degli altri ci impone di essere come non siamo, perché siamo, esattamente così come ci rappresentiamo, perché, forse, non abbiamo un’anima personale (o non ne siamo consapevoli) o perché la deleghiamo a un sentire collettivo. Ecco, quindi che se parliamo della “mia metà” o argomenti simili, concepiamolo solamente in termini probabilistici, come la "metà relativa", ci potremmo ritrovare in un mondo di verità, di autenticità, ci potremmo ritrovare nel mondo migliore di cui tutti noi andiamo cianciando.

martedì 13 marzo 2012

Comunione e (la) liberazione dai pregiudizi

Quando ho ipotizzato il titolo per questo post (quello che poi ho dato) ho volutamente usato due sostantivi che in Italia, messi insieme, vanno oltre il loro stesso significato, per via del noto movimento ecclesiale; ma la mia intenzione era di parlare specificatamente della “comunione” cattolica, l’eucarestia, non nel suo valore simbolico, religioso o altro, ma solamente dal punto di vista dei soggetti idonei a riceverla. Come saprete non tutti gli appartenenti a una comunità (cattolica, naturalmente) possono ricevere il “Corpo di Cristo”, perché? A me, in effetti, sfuggono i perché, ma la casistica di “negazione” è ampia, provate a farvi un giro nella vita, o nella rete, resterete allibiti. La ritualità “cannibale”, come la definisce qualcuno, ha la sua “dieta”!

Una breve storia esemplare: “Lui ha 45 anni, Lei sua moglie, 39, classe media, istruzione media, relazioni nella media, bambini, lui non è ancora pronto. Un giorno Lui telefona dall’aeroporto (i luoghi, non hanno nessuna importanza, succede ovunque) e le dice che ha bisogno di riflettere sul loro rapporto, sul futuro, addirittura si spinge a dire di voler riflettere sul loro amore. Dopo 4 anni sono divorziati, Lui continua a riflettere, lei Sophia, ha deciso di rifugiarsi nella fede (che ha sempre avuto) ma come erano state un mistero le continue riflessioni del marito, lo è ancora di più, quello che padre Sortes (un brasiliano dal cognome inquietante) le dice, quando Lei chiede spiegazioni: ” Ai divorziati non posso somministrare l’eucarestia”. Forse avrei dovuto cambiare il titolo in: Comunione, pregiudizi e ipocrisia, e poi, il Cattolicesimo non era la religione fondata sull’amore? E che amore è, un amore basato sull’autorità e sulla negazione, o forse, in completo contrasto con i primi luoghi di comunione (ai tempi del “Gesù” storico) che erano gestiti da donne, i moderni (?) gestori della religione dell’”amore”, anche loro, continuano a riflettere, in attesa di “divorzio”, dal mondo, intendo?



lunedì 12 marzo 2012

La pioggia, se sarà

Lunghe giornate di caldo torrido
il vento leggero muove appena l'aria
brillante di suggestioni,
gli occhi offuscati dalla tua bellezza
non vedono il mare solitario
annoiato dalla bonaccia
e le voci di bambini che giocano
non risvegliano la voglia di tempesta
il desiderio di profumi lontani
di luoghi e tempo
oramai scordati.
Vivo nel caldo sospeso d'amore
aspetto l'acqua quando sarà pioggia

venerdì 9 marzo 2012

E se la legge unificatrice passasse per la spirale? Se la "Teoria del Tutto" passasse dai presocratici a Keplero, da Einstein a Planck, e ritornasse alla Grecia dei Padri, chi lo direbbe a Standard & Poor's. Se la "borsa" diventasse "bisaccia" e riprendessimo il cammino verso la conoscenza, potremmo aspirare a un rating basato sulla sola bellezza?

mercoledì 7 marzo 2012

Non ho niente contro di te

Non ho niente contro di te,
perché dovrei.
Non ho niente contro nessuno, in generale.
Sono solo preoccupato,
dalla mediocrità
dalla meschinità
dall'indifferenza
dall'incomprensione
dall'arroganza
dal così fan tutti
dall'omologazione
dalla mancanza d'amore.
Sono solo preoccupato,
dall’ignoranza
quella che si sceglie
dalla religione
se non la scegli
per chi subisce
per chi ha sempre ragione
per chi non sa niente, e ha in mano tutto
per chi non vede il solido muro dove si schianterà.
Sono preoccupato per mia figlia
sarai veramente felice, ne avrai la possibilità, piccola mia?

Perché dovrei averla con qualcuno, se posso scegliere tutti.

martedì 6 marzo 2012

I tuoi occhi in me

Voglio dedicare questo canto a un amico, un amico fragile, che sta sperimentando quanto difficile possa essere tenere per mano il proprio figlio, mentre insieme, tentano di sfuggire alle tenebre.


Stringo forte il tuo tremore,
stringimi forte
nutriti di me
impossessati del mio corpo
e vivi per te
non piangere perché io piango,
sono le tue lacrime
e la tua bellezza
nei miei occhi
che accarezzano impotenti la tua fragilità,
stringimi forte non guardare
dove il demone folle siede
nutrendosi della tua perdizione
della mia disperazione
sfuggi le ombre, riposa
ti porterò lontano
là dove il vento ti risveglierà
per esserti padre,
quando io sarò stanco.

venerdì 2 marzo 2012

Se chiedi a uno specialista (che sa tutto)

Se chiedi a uno specialista (che sa tutto) ti dice, che sì, bisognerebbe conoscere il tuo passato, i tuoi traumi, i tuoi amori, le delusioni, le aspirazioni, la tua mamma, cosa ti è mancato, cosa ti manca, i tuoi libri, la tua musica, i tuoi luoghi, dove saresti voluto andare, dove vorresti essere, se preferisci la primavera o l’inverno, se senti freddo d’estate, se ti piacciono le cravatte, se ami il rosso, o chiederti come ti vedi? Se chiedi a uno specialista (che sa tutto) ti dice:”Si aiuti con questo…” (battuta rubata a Igor in “Frankenstein Junior”un film del 1974) e ti porge, come se fosse un bastone, una bella ricetta in cui, con grafia paleolitica, ha scritto: Prozac.


Guardassero, almeno, senza tante domande, cosa disegna il mio amico Massimo, prima di fotterti la vita!



Ciò che sai amare non ti sarà strappato

La passione
la leggi negli occhi
la vedi che passa invisibile
nelle leggere onde che disegnano
le tue labbra
la vivi baciandola
perché ti contamini
la annusi quando l’aria che ti manca
esplode nella bellezza del mondo.
La passione
nelle tue mani
che percorrono leggere il mio passato,
che brucia le mie vergogne e la mia stupidità
la passione è
l’eterno canto dell’acqua che ti nutre
morirei
guarito delle mie emozioni
“se dovessi capire che stanotte non ci sei”.


Una dedica alla passione di Alberto Perino e alla passione che ho per l’amore e per la verità. La frase virgolettata è di Lucio Dalla. Il titolo “Ciò che sai amare non ti sarà strappato” è rubato da un canto di Ezra Pound: “Strappa da te la vanità”.



mercoledì 29 febbraio 2012

Quando sarò arrivato

Uno stato di intenso torpore custodisce le mie ansie
ma sento l’ordine perfetto
e il rumore di meccanismi delicati
muoversi in millesimi di tempo e spazi nulli
nelle increspature pulsanti di solitudine
un leggero tremore tradisce il mio sonno apparente,
rimango disteso immobile.

Mi chiami, Amore
non riesco ad aprire gli occhi, mi fanno male
sento di nuovo la tua voce, Amore
non morirò ti dico in silenzio, non potrei mai
vorrei che prendessi le mie mani e mi chiamassi, Amore
perché non perda la strada
nel viaggio che dovrò affrontare
e tenendomi per mano canta
suadente
la canzone della vita.

Non potrò implorare il tuo perdono
ora che la tua musica
domina la mia solitudine e le onde impetuose
hanno lasciato il posto alla tranquillità della morte
ma perdonami, te ne prego
ti amerò per sempre
quando sarò arrivato.

martedì 28 febbraio 2012

Il ritorno


Non ho ascoltato niente
che non fosse la mia necessità
non ho visto appassire la vita
credendola eterna,
il cielo che ho creduto immobile
ha cambiato oramai il suo colore.
Sento adesso il tenero canto
di tutti gli esseri
che hanno conosciuto la perdizione
mentre viaggio
verso ciò che non è mai stato
accanto,
una voce di donna
e il buio della notte.

lunedì 27 febbraio 2012

Raccontami

Se potrò amarti, se vorrai
ti racconterò dei colori
e le combinazioni che ho osato,
se ti lascerai amare
ti racconterò dei mille odori dei tuoi capelli
della grazia delle tue mani
dei tuoi occhi bellissimi,
quando ti amerò, succederà
apparirà il vero e potrò
raccontarti della mia inutile sazietà
della sete placata
per quanto tempo ho sfuggito il sonno,
se sei così vicina mentre ti parlo
potrei amarti, se vorrai
per raccontarti i sogni di quando ero bambino,
quando eri bambina,cosa sognavi?
E ti amerò quando mi racconterai
della tua tazza preferita,
del calore della luna
del canto prigioniero e il tuo indice sul naso
mentre cerchi il silenzio
perché la musica possa rendere eterni
i racconti di tutti gli amanti.



Grazie

Ho scordato di dirti, Grazie
grazie perché mi vedi come sono,
e non mi vorresti diverso
grazie perché accarezzi le mie angosce
e baci i miei occhi tristi.
Ho scordato di dirti, grazie
eppure avrei voluto dirtelo, tante volte
e coprirti di baci,
amarti
come mai potrei,
ma almeno dirti grazie
perché tu possa ricordare
la mia voce
e riconoscere lo stesso uomo
che non ti ha mai parlato d'amore.

giovedì 23 febbraio 2012

Modificazioni permanenti


Perché la mia mente mi suggestiona di paesaggi dell’altrove
e le mie mani toccano la sabbia rovente dell’inferno
i miei baci che respirano l’eterno
mentre vivo asfittico il presente assente
sono,
lo so,
seduto su una spiaggia calda
quando tocco il ruvido asfalto nero
che mi riporta indietro,
non posseggo la ragione della menzogna
ma vivo il divenire della mia mente razionale
come già passato di un altro futuro
nel mondo della follia
dove il drago mi concederà occhi nuovi.

mercoledì 22 febbraio 2012

Prima che si spenga la luce


Sento un freddo che non ho mai provato
scaldo le mie mani, strette mi abbraccio
per vivere della mia vita
che sfugge attraverso le mani
che stringono forte.
Freddo.
Guardo lontano la quiete del mare
e il vento che ho dentro mi parla
della vita oltre le stagioni
le foglie immobili di primavere lontane
gli occhi bruciati dal sole di ogni tempo,
e il freddo addosso.
Mi inchino a proteggere quel che resta di un barlume di luce.

martedì 21 febbraio 2012

La necessità della morte


Ho perso la ragione
la parola
non vedo più il mare
non sento il vento
recupero per un attimo l’ultimo filo di lucidità
e,
credo di essere morto.
Aspetto che ritorni dall’altra sponda
il vecchio traghettatore
per vedere se ricorda
ma giura che non sono mai stato lì
guardo il fiume del distacco
e mi tocco
sento la carne, il calore sento gli odori
ma è il mio passato
e del futuro non posseggo visioni
mi lascio cadere sulla sabbia dei dannati
che almeno i vermi riconoscano il mio presente.

lunedì 20 febbraio 2012

Un Mondo di Mondi


“La natura mette i paletti alla conoscenza”, quasi in una visione estatica, il maestro terminava la sua conversazione sulla logica della probabilità, e che, il consesso eterogeneo dei suoi discepoli, avrebbe dovuto, prosaicamente “digerire”, in tutto il tempo necessario, occorrente a ciascuno di loro. Le certezze delle convenzioni, e le convinzioni, fuggirono dalla mia mente, in un istante. Lui con la sua barba fluente, aveva ancora le braccia aperte, come ad abbracciare tutta la verità, anche quella celata, e a invocare per tutti i suoi allievi che fosse loro infusa, in un rito di fecondazione di massa, l’altra scienza, il sapere cosciente dell’anima, che già il seme cominciava a germogliare. La sua religiosità, quando parlava dei mondi microscopici, che determinavano il mondo conosciuto, rasentava la misticità: ” Io esisto, in uno spazio indefinito, in cui occupo una realtà posizionale probabile”. Non un’esistenza definibile da coordinate a tre dimensioni, bensì in una “classe di identità” senza fattori di determinazione che ne stabiliscano la certezza della sua condizione nello spazio, che esiste senza collocazione definibile.

Esiste certamente, senza certezze.

Se esistesse, continuava il maestro mentre il sipario lentamente calava, una teoria, con tutti i necessari elementi logico-matematici, che legasse insieme l’”Atomismo cosciente” e le leggi del cosmo, non vivremmo l’angoscia di immaginare, come sbagliata la legge del cuore o inverso, le leggi dell’universo, una soluzione elegante che possa legare Ahankara e i primi tre minuti dell’esistenza, come un fenomeno di “entanglement”, di due mondi apparentemente incompatibili per la loro grandezza, ma non per appartenenza, perché credo, gridava, oramai dietro le quinte, triste perché non poteva più vedere gli occhi delle sue creature, che la bellezza abbia bisogno di tutti i mondi che possiamo immaginare.



“Un Mondo di Mondi” nasce come ispirazione, nell’aula di fisica del professore Michele, ometto sempre i cognomi, non servono per identificare l’ispirazione, durante la quantizzazione delle possibilità della mente umana. Grazie

giovedì 16 febbraio 2012

Del dolore e della compassione


Quando ho pensato che nome dare al mio primo blog, non ho avuto alcun dubbio, perché quella frase di Leonardo Sciascia mi ritornava con dolore e ciclica ossessione nella testa, e mentre gli anelli giravano nella mia sfera cerebrale, si è reinserita un’antica “armilla”, per questo ieri notte, ho “riesumato” un altro pensatore, che diceva ciò che io ero (mi piace usare il verbo “essere” di esistenza, anche se i filosofi dicono che è solamente un “predicato”). Quale migliore momento, come quello che viviamo, per parlare di “Dolore”, “Compassione” e “Rappresentazione”, quale migliore momento, oggi, che piangiamo lacrime da teatro per i drammi della vita che altri realmente vivono. Se non ora, in quale tempo, parlare di finzione e mitologia della rappresentazione, certamente sarebbe stato più “moderno” sedersi a un tavolo e scrivere, appena uscito da un suschi bar, anziché in una fredda notte senza alghe, ma qui non si rappresenta, si vive!



Il mago

Tremante, trafitto da acute frecce di ghiaccio,
Da te sospinto, pensiero!
Innominabile! Velato! Terrificante!
Tu, cacciatore dietro le nubi!
Piegami, attorcigliami, torturato
D tutti gli eterni martiri,
Colpito
Da te, cacciatore efferato,
Tu – dio ignoto!
Colpisci più a fondo!
Colpisci ancora!
Torturatore!
Tu- dio-carnefice!
O, come il cane, debbo
Rotolarmi per terra davanti a te?
Mio dio ignoto! Mio dolore! Mia ultima- felicità!


Dei predicatori di morte

Ci sono tisici dell’anima: sono appena nati e già cominciano a morire e sono alla ricerca di dottrine della stanchezza e della rinuncia”



Dei preti

Di lacune consisteva lo spirito di questi redentori; ma in ogni lacuna avevano messo la propria illusione, il riempitivo che chiamarono dio.


Riferimenti:
“Il mago”- parte IV pag. 185;
“Dei predicatori di morte” parte I: i discorsi di Zarathustra, pag 52;
“Dei preti”- parte II, pag. 81, I brani sono contenuti, estrapolati e adattati da: “Così parlò Zarathustra”, Friedrich W. Nietzsche Newton Editore, 1980.

martedì 14 febbraio 2012

Le ragazze carrellate- Antropologia di un successo apparente


Provate a guardare con un po’ di attenzione, l’esercito orientale che gravita nelle nostre città, migliaia di ragazze con il carrello, cinesi, di tutte le regioni che compongono quell’enorme paese. Mille oggetti, anche dei più impensabili, tutti contenuti in quel microcosmo di plastiche e metalli dalle origini incerte o se preferite, indicibili. I cultori del “pericolo giallo”, come una volta si definiva, con una punta di razzismo e distacco, come la montagna che guarda il topolino, come se non lo avesse partorito essa stessa, vedono queste mutazioni umane (metà donne e metà carrello) con uno sguardo distratto al presente e compatibilmente con la nostra inclinazione al pietismo becero, pensando: “Poverine”. Ora, che queste ragazze rientrino in una strategia di sfruttamento senza pregiudizi, è vero, ma in mancanza di consapevolezza (dello sfruttato) e guardando le cose con i loro occhi, le nostre “mutanti” sono certe che stanno percorrendo la strada giusta per migliorare la loro posizione economica e, nel migliore dei casi, sociale. Parlo di consapevolezza, perché girando lo sguardo, con obiettività, verso noi stessi, dovremmo dirci: ”Poverini”, perché, guardando con distacco le ragazze carrellate, non ci accorgiamo che anche noi siamo un prodotto antropologicamente mutato, siamo solamente un po’ più avanti, sulla stessa strada, perché anziché il carrello, usiamo i “macchinoni”. Un’umanità mutante, affamata di simboli della modernità e affascinata dalla mitologia del possesso del superfluo, mutazioni inevitabili, mentre i signori delle cose si continuano ad arricchire di vuote inutilità e di assurde scommesse, e inconsapevolmente percorrono, la stessa strada di tutti gli altri mutanti.

lunedì 13 febbraio 2012

La luce inutile


Ero preso da immutabili pensieri tra ” sesso e castità”, per parafrasare Battiato, che improvvisamente mi si forma nella mente un grande orologio, una esigenza tra il mistico e l’impellenza di fermare il tempo, e per un momento, ho invidiato coloro che possiedono verità e certezze assolute: che il numero dieci è quello immediatamente successivo al numero nove; che la montagna più alta della terra non è Mauna Kea; che quando pensano al sesso è quello, e alla castità, chissà! Ma a me, la strada devia sempre, decisamente.



Prima- La luce inutile



Lunghi giorni di pioggia
senza un ombrello
e le notti buie con la luce spenta.
Le bianche porte dai vetri colorati,
restano chiuse
quando invano il sole
cerca la più piccola ferita
per renderti felice
ma hai gli occhi chiusi,
e già vedi lontano il suo tramonto.



Seconda- Il Re dei Tempi



La piccola bottega era situata nella stradina più stretta, dell’angolo più buio, della piazza più piccola, dietro la maestosa torre dell’orologio animato della chiesa più grande, e là, in quel piccolo buco dimenticato, viveva e lavorava il più bravo orologiaio della terra, erano suoi tutti i meccanismi del grande orologio, il “Re del tempo”, lo chiamavano, nella sua piccola casa regnava incessante e magico il ticchettare del tempo. Era appena trascorsa una settimana, da quando il “Direttore del movimento”, la Signora che regnava incontrastata su tutto quanto si muovesse dentro e fuori il gigantesco segnatempo, gli aveva fatto una strana richiesta, per un nuovo, magico scenario animato: “Voglio che tu costruisca la vita dell’uomo, dalla nascita alla morte, nel giro di 180 gradi, nella mezza luna che percorrono tutti gli abitanti dell’orologio”. Una settimana, sette giorni, gli sembrava un tempo così insignificante che, quasi non credeva, che avesse già realizzato quella magnificenza, almeno nel suo modello in scala, che ora poggiava su una stana asse trasparente. Una grande sfera, che ruotava su se stessa, in un complesso moto che coinvolgeva i poli e gli assi equatoriali, con una velocità mano a mano crescente, 180° e ritornava con gli assi allineati in verticale, paralleli all’asse trasparente. La luce era la cosa più impressionante, cominciava, appena uscita dal ventre dell’orologio, con un’esplosione accecante e, durante la rotazione, la sfera andava perdendo luminosità in modo impercettibile, perdeva luce e accresceva la sua bellezza. Andavano aprendosi, a 2 a 2, degli “spicchi” uguali, ora a est e a ovest, poi a sud e a nord e simmetricamente, si apriva a coppie ogni parte di quell’incredibile oggetto. Ogni segmento mostrava al suo interno ogni cosa conosciuta, e dall’altra parte, al suo opposto, materia oscura, cose e luoghi immaginari. Quando la sfera terminava il percorso previsto e, rientrava, dalla parte opposta nel ventre magico del tempo, un punto luminoso, al centro della rotazione, brillava, sempre con minore intensità, fino a quando la sfera non completava i restanti 180°, non vista, e alla conclusione del tempo ideale di rotazione, la luce si spegneva, per ricominciare, all’infinito, la processione degli altri elementi del tempo. Quando il Direttore del Movimento, vide in funzione quella meraviglia, a mezzanotte dell’ultimo giorno, guardò con molta attenzione, e poi scoppiò a piangere, come una bambina, abbraccio il Re del Tempo e gli disse: ” Io pensavo che non avessimo più alcuna speranza, che tutto si sarebbe dissolto, ma ora tu mi hai indicato la luce. Quando finirà questo ciclo, dove le barbarie hanno offuscato l’amore, verrà il tempo, che la luce si riaccenderà e la bellezza soppianterà tutte le forze oscure”. Restarono abbracciati fino a quando fu buio. Dovevano attendere il tempo giusto, e tutto sarebbe cambiato.


Terza- Mi allontano senza fretta


Cammino senza meta e senza ritorno
osservo i movimenti delle cose,
un vento lontano dirige la leggerezza
lontano da me,
ma voglio andare piano
e vivere
la meraviglia del tempo sprecato ad amare.



Voglio precisare che “10” non è solo un numero, è per esempio: 1 e 0, che, per chi mastica di informatica, è magia pura. Anche sull’altezza del Mauna Kea avrei qualcosa da dire, ma per questo debbo ringraziare Agnese: il vulcano è alto 10.205 metri, di cui 4.205 metri sopra il livello del mare; l’Everest è alto 8.848 metri. Bisogna sempre consultare un bambino prima di Wikipedia, e non guardare solamente la superficie.



venerdì 10 febbraio 2012

Come ti senti amico,


Cosa succede dietro il maestoso cancello
di ferro, arrugginito?
Chi sono tutti questi uomini smarriti, e sorridenti?
Mi faccio queste domande mentre percorro
gli stessi passi degli altri perduti,
ma io non sorrido,
non sorrido.
Ora davanti al giudice cieco che mi guarda
balbetto le mie certezze
invoco le leggi della natura
cito tutti i primi che conosco
canto, stonato, la mia canzone preferita:
"Come ti senti amico, amico fragile...."
parlo del vento
che adoro il mare
la neve appena caduta
parlo della mia più grande fortuna, mia figlia
e le persone che amo
della bellezza
dell'amicizia
la primavera, i viaggi e le letture, quello in cui credo
della mia ricerca, della mia incostanza
della mia smisurata voglia di amare.
Ma tu non parli mai di cose, non mi dici ciò che possiedi,
mi interrompe l'incorruttibile giudice,
perché sei cieco, risposi
non mi serve vedere, per darti un valore
tu non hai un valore, hai solo parole,
tu non sei, non hai niente, che c'entrano i miei occhi.
In quel momento, non vista, Margherita con il collo rigato di sangue mi rapì,
e volai verso l'essenza,
mentre, il giudice continuava senza sosta a giudicarmi.

giovedì 9 febbraio 2012

Idrogeno, ma basta?


Quando ho scritto i primi due capitoli de "La sorte degli uomini", ero da poco entrato in sintonia con quanto leggevo del pensiero di René Guénon, perduto com'ero tra doppie elice, viaggi senza eliche e eliche dalle geometrie uniformemente sfalsate, evoluzione e religione, che la ricerca è diventata veramente ardua. Si può conciliare l'assoluta certezza che le leggi dei numeri regolino la vita (e la morte) delle galassie, e noi stessi, che pochi elementi compongano il respiro dell'universo, con l'irrazionale passione che mi lega all'essenza delle cose che, non credo, almeno questa sembra essere l'evidenza, abbia alcuna relazione con numeri, idrogeno, carbonio etc. La struttura più intima degli esseri, il loro, il nostro "Principio" è numero o "poesia"? E' carbonio o musica? Da quando si ricerca la legge unificatrice dei principi fisici (di cui ho scritto), la Legge per eccellenza, mi è sorto il dubbio (anche grazie a Guénon) che la legge "originaria" possa avere in se formule chimico- matematiche e formule metafisiche (non trovo un termine più appropriato), insieme H/1: poesia = C/6: musica. O roba del genere. Non cerco risposte, almeno non nell'immediato.

lunedì 6 febbraio 2012

Il manuale del viaggiatore cieco


Quando i due viaggiatori svoltarono l’angolo dell’elegante edificio in pietra arenaria, si trovarono davanti la cosa più incredibilmente bella, maestosa che avessero mai visto: un’enorme parete in legno di cedro, che si perdeva nel lontano orizzonte alla loro destra. Una costruzione immensa, completamente intagliata e così ricca di particolari, a prima vista incomprensibili, da sembrare un inestricabile labirinto, dove i rilievi, le depressioni, i cunicoli, le curve perfette, gli angoli aggraziati componevano una mappa scolpita di difficile lettura. Troppi segmenti , linee che procedevano diritte verso l’infinito, per fermarsi in cerchi perfetti , dove si specchiavano triangoli equilateri, scaleni, isosceli come in un’immaginaria città iniziatica. E poi fiori, tanti fiori, centinaia, migliaia di intarsi a forma di fiore. Fiori di cipolla, fiori di veccia, fiori di cotone, fiori di tiglio, viburni, gigli e garofani bianchi e, mentre seguiva con il suo dito le linee di quell’incredibile flora di legno, un foro, una piccola apertura, un vuoto, un’interruzione, che non avrebbe mai notato, se non avesse seguito con l’indice della sua mano destra il confine di quell’incredibile prato. Quel vuoto era l’inizio.


Durante i giorni trascorsi a Rabat, avevano frequentato la casa immersa tra le palme da dattero e i rigogliosi limoni di un vecchio salafita che aveva conosciuto a Fossa, in Italia. “Nel punto esatto dove si spezza l’armonia, lì vedrai la luce, e da lì dovrai cominciare a contare” e continuando a parlare della bellezza degli intarsi della porta del mare, consegnò loro un minuscolo e antico libro, dal curioso titolo “Manuale del viaggiatore cieco”. “Non capirete mai la vera essenza del mondo, se i vostri occhi vedranno le sole dimensioni della bellezza colta in un istante, e la giudicherete tale per un sol punto del discreto. Qui dentro è scritto tutto, saprete come fare”. Il viaggiatore anziano, a quel ricordo, mise da parte la stanchezza di sette anni di viaggio e, consegnando alla giovane donna quanto portava con sé, aprì il libro, girò su se stesso di 89°, verso est, e comincio a contare 2017 passi, come diceva il libro. Si fermò dopo avere compiuto quella lunga camminata, non prima di dare una intensa e appassionata occhiata a quel piccolo segmento della porta, là dove ora si trovava, e gli intarsi, ancora una volta non lo delusero, vide un minuscolo piccolo carro sormontato da una sfera perfetta, trainato da uno strano cavallo, della grandezza dell’unghia di un bambino; in una sezione, non più grande del palmo di una mano, erano raffigurate centinaia di forme irriconoscibili, quando si avvicinò, quasi a sfiorare con gli occhi la parete, si accorse della maestosità di quella raffigurazione, che conosceva bene: l’”Axis Mundi”. Era perfetta nelle proporzioni di quel micro cosmo di 1x 1,7 centimetri, sormontato all’apice, a brillare, “il centro”. E ancora impressionato, con gli occhi pieni di lacrime, aveva deciso di proseguire, quando vide una sequenza infinità di parole, forse un rebus, impossibile da risolvere, erano tutte inscritte all’interno di un cerchio azzurro, dove, al suo esterno, lungo la circonferenza, in una perfetta rotazione celeste, poté leggere la frase: ”Le dame di corte della luna”. E per ultimo, quando stava per compiere la rotazione così come era scritta, in alto a circa 11 o 19 metri, notò, abbassando lo sguardo, che partiva oltre la sua testa, una strana sinusoide dai mille colori, bellissima. Lo aveva attirato quel tipico andamento incantatore, anche se percepiva una leggera inquietudine, un particolare invisibile che rompeva quella stringa perfetta. Prese la preziosa lente dalla tasca interna della sua giacca, e si avvicino all’inizio di quel movimento a circa 2 metri d’altezza, e vide: erano tutte figure femminili, di tutte le fattezze, di tutte le latitudini, sembravano avere vita, anche le altezze di quei corpi, che erano diseguali, costruivano quella “S” in maniera praticamente perfetta. Andò alla ricerca della distorsione che lo aveva disturbato, e la trovò: una figura maschile. Non poteva più trattenersi, si girò di altri 89° verso sud, e comincio il primo dei 12113 passi previsti in quella direzione. Più si allontanava da quella meraviglia, più vedeva sfocare tutte le cose che aveva ammirato e toccato, senza capirne il senso. Quando l’ultimo del primo fu compiuto, si fermò, riprese per un attimo fiato, e girò su se stesso di altri 181°, verso la porta, e compiuta la rotazione, mise i piedi a compasso per completare la svolta verso l’origine: + 1°.

“Sono due che si baciano”, gridò alla giovane, come se potesse sentirlo da quella distanza, e poi quasi mormorando a se stesso: “L’immensità dell’amore”.

Riprese il suo viaggio di ritorno verso la grande porta: “L’Amore imperscrutabile”, “L’Amore ha mille particolari”, “I profumi dell’Amore”, “Il futuro dell’Amore”, “L’Amore e i suoi demoni”, “L’intersecazioni dell’Amore”, “La saggezza dell’Amore”, un passo dietro l’altro, andava recitando quello strano mantra, che avrebbe insegnato a sua figlia, quel lontano puntino colorato vicino alla grande porta.


mercoledì 1 febbraio 2012

Simbolismo e democrazia

Uno dei dogmi laici maggiormente rappresentativo del cosiddetto "modernismo" è il "Democratismo" che per l'argomento di questo post, mi limiterò all'aspetto della partecipazione di tutti gli individui alla vita politica di una comunità. Il presupposto perché si realizzi, in prima istanza, quanto contenuto nel suo prefisso "Demos", è che tutti, ogni singolo membro, partecipi alla gestione del "Cratos", concetto contenuto nel suffisso. Demos- Cratos o Governo del Popolo. Ma aldilà del principio rivoluzionario, ma effimero, come ci suggerisce Renè Guénon nel suo "La Crise du monde moderne" (1), valutiamo l'effettiva consistenza di questo principio, ma "partendo dalle conseguenze anziché dai principi, essa mancherebbe per forza di una base seria..." perché, secondo questo pericoloso(2) pensatore della fine dell'ottocento, essa si basa su un presupposto sbagliato: l'assoluta "eguaglianza degli individui" (3), presupposto che non esiste in natura, che si è voluto adottare (nelle manipolazioni che ne sono seguite) al fine di creare una assoluta indistinguibile uniformità nella grande comunità umana, dove la maggiore ricchezza è proprio nelle sue differenze. Il paradigma dell'eguaglianza cieca, in nome di una pseudo partecipazione alla gestione della "cosa" pubblica, ha portato a credere che un simbolo potesse soddisfare il principio:

X=Libertà.

Tu apponi una croce (e già "croce" è tutto un dire) e sei, insieme a tutti gli altri, protagonista nel comporre il "prefisso", credi che la tua partecipazione, attraverso lo strumento della delega, soddisfi in pieno il principio di partecipazione attiva, sei parte di una comunità e, con essa, gestisci il potere. Così si è portati a credere. Ma basterebbe valutare le "conseguenze" come indica quell'estremista di destra (2) di Guénon, perché tutto ci possa apparire chiaro, provate a chiedere a quei seguaci moderni del pensiero di Pericle che abitano la Val di Susa!

Mi corre l'obbligo di ringraziare un amico, che molte volte ho citato, perché con la sua breve escursione sul valore storico- sociale di "X", ha ispirato questo post. Grazie Genio Pigro, ti voglio dedicare una "massima": Le cose che diciamo, molte volte, sono espressioni verbali della nostra Essenza, che ci ricorda, che non sempre siamo come appariamo.



NOTE:

(1) "La crisi del mondo moderno" un saggio scritto nel 1927, che avuto la sua prima edizione nel 1972, una critica feroce al materialismo e ai suoi "pseudo- principi"

(2) http://scandalizzareeundiritto.blogspot.com/2011/04/rene-guenon-maestro-di-tolleranza.html?spref=fb

(3) R. Guénon Op.Cit.

martedì 31 gennaio 2012

"Sul bordo della valle di quell'abisso di dolore"



Quando l'ultimo dei maestri
chiuderà l'ultima porta
il sapere conosciuto
e tutto il fondamento del mondo
si uniranno, per sempre
e avranno le sembianze delle illusioni
che ho chiamato Religione
che ho chiamato Eguaglianza
che ho chiamato con tutti i nomi
di tutte le cose
che ho creduto Libertà.
E quando il vecchio
mi tenderà la sua esile mano
non mi salverò
schiavo di ciò
che ho creduto conoscenza.


NOTA

Ho descritto la mia visione del limbo, che nonostante la sua abolizione da parte della chiesa cattolica (a proposito tutti i bambini non battezzati hanno avuto la cittadinanza su, al nord o......?), continua a essere il luogo in cui viviamo. Pur non mancando, a mio avviso, la forza della suggestione, voglio rendere il mio "limbo" più poetico citando, come ho fatto nel titolo, una terzina del IV Canto dell'Inferno.

"Quella valle era scura, profonda e fumosa,
tanto che, per quanto cercassi di spingere lo sguardo,
non riuscivo a distinguere nessuna cosa in essa."

Ma il nostro è un limbo senza aspettative di ascesa.

lunedì 30 gennaio 2012

La macchina della morte ha bisogno di bambini


Sto leggendo un libro sul tempo che viviamo, la forza delle argomentazioni aggiunta a tanti piccoli punti di luce che brillavano nella mia testa, in un attimo, hanno trasformato un lento pomeriggio di lettura in una accelerazione del tempo, a cui la mia mente non ha retto, e questo è il risultato:

Per quanto si possa suddividere fino all'infinitesimamente piccolo la struttura di un individuo, non si può andare oltre l'"Unità Principale", che deve essere la nostra energia vitale: la più piccola parte di un essere è la sua essenza, e su di essa viene edificato tutto.

La seconda riflessione riguarda una dimensione puramente fisica, almeno nella sua accezione comune: il concetto di “distanza”, ma, io, l'ho vista così:

Una relazione presuppone "contemporaneità", uno scambio di energie in simultanea, sia che avvenga tra due persone, sia tra gruppi diversi. Una relazione non può esistere se si traslano i tempi di scambio di azioni, parole e condivisione di bellezza. Nel caso questo non avvenga, si prefigurerebbe una sorta di "dissociazione comunicativa", la distorsione del messaggio che è maggiore all'aumentare, qui il concetto di "distanza", della distanza. "Distanza", non è solamente un concetto fisico di "spazialità", di posizione nello spazio di uno o più elementi fisici, ma a mio avviso va ben oltre, perché? Per spiegarmi meglio, torniamo allo "spazio", quello lontano. In una magnifica notte di cielo stellato, si possono vedere decine, centinaia di oggetti brillanti, alcuni sembrano quasi toccarsi, ma è solamente un’ illusione, una magia del lontano, se ora si pensa che Sirio la stella che percepiamo come la più luminosa (in gergo scientifico "magnitudine apparente") poiché è la più vicina alla terra, dista da noi 81.365 miliardi di chilometri (concedetemi l'approssimazione), quando, con la nostra immaginazione, quasi tocchiamo questo astro meraviglioso, potremmo sfiorare, di fatto, un fantasma, perché non lo vediamo "in diretta" ma con una differenza di 8 anni, quell'immagine che vediamo ora, è vecchia di 8 anni, Sirio potrebbe (ma non è) non esserci più, e lo sapremmo solamente fra 8 anni.

Se, quindi, in una qualunque relazione umana, aumenta la distanza fra i soggetti (o gruppi di individui), essa non è più una relazione "al presente", bensì "al passato”. Ecco perché nascono le incomprensioni, anche a distanze di gran lunga inferiori, o addirittura a distanza zero, se coloro che si relazionano, pur vicinissimi, quasi a baciarsi, tengono a distanza la loro mente, la relazione è solamente apparente, e la tocchi, come Sirio in una magica notte stellata.



La terza riflessione scaturiva da un'incursione di una immagine televisiva che così ho tradotto:

"La macchina della morte ha bisogno di bambini"


Coltiviamo in una distesa infinita di terra rossa africana

un campo di bambini

alleviamoli

con poco cibo

con poche cure

con poca acqua

visitiamolo due volte l'anno,

organizziamo eventi, mostriamoli per decantare

le lodi dei nostri "agricoltori" e, prepariamoci

per quando verrà il tempo di raccogliere

il frutto del nostro lavoro,e

la macchina della morte mieterà tutto il campo

per nutrirsi dell'essenza stessa che ci ha generato.



Se esiste un filo che lega tutte queste cose, io non lo so, dovrei dividere fino all'"Unità principale" per capire veramente, ma non è un'operazione facile.