lunedì 6 febbraio 2012

Il manuale del viaggiatore cieco


Quando i due viaggiatori svoltarono l’angolo dell’elegante edificio in pietra arenaria, si trovarono davanti la cosa più incredibilmente bella, maestosa che avessero mai visto: un’enorme parete in legno di cedro, che si perdeva nel lontano orizzonte alla loro destra. Una costruzione immensa, completamente intagliata e così ricca di particolari, a prima vista incomprensibili, da sembrare un inestricabile labirinto, dove i rilievi, le depressioni, i cunicoli, le curve perfette, gli angoli aggraziati componevano una mappa scolpita di difficile lettura. Troppi segmenti , linee che procedevano diritte verso l’infinito, per fermarsi in cerchi perfetti , dove si specchiavano triangoli equilateri, scaleni, isosceli come in un’immaginaria città iniziatica. E poi fiori, tanti fiori, centinaia, migliaia di intarsi a forma di fiore. Fiori di cipolla, fiori di veccia, fiori di cotone, fiori di tiglio, viburni, gigli e garofani bianchi e, mentre seguiva con il suo dito le linee di quell’incredibile flora di legno, un foro, una piccola apertura, un vuoto, un’interruzione, che non avrebbe mai notato, se non avesse seguito con l’indice della sua mano destra il confine di quell’incredibile prato. Quel vuoto era l’inizio.


Durante i giorni trascorsi a Rabat, avevano frequentato la casa immersa tra le palme da dattero e i rigogliosi limoni di un vecchio salafita che aveva conosciuto a Fossa, in Italia. “Nel punto esatto dove si spezza l’armonia, lì vedrai la luce, e da lì dovrai cominciare a contare” e continuando a parlare della bellezza degli intarsi della porta del mare, consegnò loro un minuscolo e antico libro, dal curioso titolo “Manuale del viaggiatore cieco”. “Non capirete mai la vera essenza del mondo, se i vostri occhi vedranno le sole dimensioni della bellezza colta in un istante, e la giudicherete tale per un sol punto del discreto. Qui dentro è scritto tutto, saprete come fare”. Il viaggiatore anziano, a quel ricordo, mise da parte la stanchezza di sette anni di viaggio e, consegnando alla giovane donna quanto portava con sé, aprì il libro, girò su se stesso di 89°, verso est, e comincio a contare 2017 passi, come diceva il libro. Si fermò dopo avere compiuto quella lunga camminata, non prima di dare una intensa e appassionata occhiata a quel piccolo segmento della porta, là dove ora si trovava, e gli intarsi, ancora una volta non lo delusero, vide un minuscolo piccolo carro sormontato da una sfera perfetta, trainato da uno strano cavallo, della grandezza dell’unghia di un bambino; in una sezione, non più grande del palmo di una mano, erano raffigurate centinaia di forme irriconoscibili, quando si avvicinò, quasi a sfiorare con gli occhi la parete, si accorse della maestosità di quella raffigurazione, che conosceva bene: l’”Axis Mundi”. Era perfetta nelle proporzioni di quel micro cosmo di 1x 1,7 centimetri, sormontato all’apice, a brillare, “il centro”. E ancora impressionato, con gli occhi pieni di lacrime, aveva deciso di proseguire, quando vide una sequenza infinità di parole, forse un rebus, impossibile da risolvere, erano tutte inscritte all’interno di un cerchio azzurro, dove, al suo esterno, lungo la circonferenza, in una perfetta rotazione celeste, poté leggere la frase: ”Le dame di corte della luna”. E per ultimo, quando stava per compiere la rotazione così come era scritta, in alto a circa 11 o 19 metri, notò, abbassando lo sguardo, che partiva oltre la sua testa, una strana sinusoide dai mille colori, bellissima. Lo aveva attirato quel tipico andamento incantatore, anche se percepiva una leggera inquietudine, un particolare invisibile che rompeva quella stringa perfetta. Prese la preziosa lente dalla tasca interna della sua giacca, e si avvicino all’inizio di quel movimento a circa 2 metri d’altezza, e vide: erano tutte figure femminili, di tutte le fattezze, di tutte le latitudini, sembravano avere vita, anche le altezze di quei corpi, che erano diseguali, costruivano quella “S” in maniera praticamente perfetta. Andò alla ricerca della distorsione che lo aveva disturbato, e la trovò: una figura maschile. Non poteva più trattenersi, si girò di altri 89° verso sud, e comincio il primo dei 12113 passi previsti in quella direzione. Più si allontanava da quella meraviglia, più vedeva sfocare tutte le cose che aveva ammirato e toccato, senza capirne il senso. Quando l’ultimo del primo fu compiuto, si fermò, riprese per un attimo fiato, e girò su se stesso di altri 181°, verso la porta, e compiuta la rotazione, mise i piedi a compasso per completare la svolta verso l’origine: + 1°.

“Sono due che si baciano”, gridò alla giovane, come se potesse sentirlo da quella distanza, e poi quasi mormorando a se stesso: “L’immensità dell’amore”.

Riprese il suo viaggio di ritorno verso la grande porta: “L’Amore imperscrutabile”, “L’Amore ha mille particolari”, “I profumi dell’Amore”, “Il futuro dell’Amore”, “L’Amore e i suoi demoni”, “L’intersecazioni dell’Amore”, “La saggezza dell’Amore”, un passo dietro l’altro, andava recitando quello strano mantra, che avrebbe insegnato a sua figlia, quel lontano puntino colorato vicino alla grande porta.


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