mercoledì 29 febbraio 2012

Quando sarò arrivato

Uno stato di intenso torpore custodisce le mie ansie
ma sento l’ordine perfetto
e il rumore di meccanismi delicati
muoversi in millesimi di tempo e spazi nulli
nelle increspature pulsanti di solitudine
un leggero tremore tradisce il mio sonno apparente,
rimango disteso immobile.

Mi chiami, Amore
non riesco ad aprire gli occhi, mi fanno male
sento di nuovo la tua voce, Amore
non morirò ti dico in silenzio, non potrei mai
vorrei che prendessi le mie mani e mi chiamassi, Amore
perché non perda la strada
nel viaggio che dovrò affrontare
e tenendomi per mano canta
suadente
la canzone della vita.

Non potrò implorare il tuo perdono
ora che la tua musica
domina la mia solitudine e le onde impetuose
hanno lasciato il posto alla tranquillità della morte
ma perdonami, te ne prego
ti amerò per sempre
quando sarò arrivato.

martedì 28 febbraio 2012

Il ritorno


Non ho ascoltato niente
che non fosse la mia necessità
non ho visto appassire la vita
credendola eterna,
il cielo che ho creduto immobile
ha cambiato oramai il suo colore.
Sento adesso il tenero canto
di tutti gli esseri
che hanno conosciuto la perdizione
mentre viaggio
verso ciò che non è mai stato
accanto,
una voce di donna
e il buio della notte.

lunedì 27 febbraio 2012

Raccontami

Se potrò amarti, se vorrai
ti racconterò dei colori
e le combinazioni che ho osato,
se ti lascerai amare
ti racconterò dei mille odori dei tuoi capelli
della grazia delle tue mani
dei tuoi occhi bellissimi,
quando ti amerò, succederà
apparirà il vero e potrò
raccontarti della mia inutile sazietà
della sete placata
per quanto tempo ho sfuggito il sonno,
se sei così vicina mentre ti parlo
potrei amarti, se vorrai
per raccontarti i sogni di quando ero bambino,
quando eri bambina,cosa sognavi?
E ti amerò quando mi racconterai
della tua tazza preferita,
del calore della luna
del canto prigioniero e il tuo indice sul naso
mentre cerchi il silenzio
perché la musica possa rendere eterni
i racconti di tutti gli amanti.



Grazie

Ho scordato di dirti, Grazie
grazie perché mi vedi come sono,
e non mi vorresti diverso
grazie perché accarezzi le mie angosce
e baci i miei occhi tristi.
Ho scordato di dirti, grazie
eppure avrei voluto dirtelo, tante volte
e coprirti di baci,
amarti
come mai potrei,
ma almeno dirti grazie
perché tu possa ricordare
la mia voce
e riconoscere lo stesso uomo
che non ti ha mai parlato d'amore.

giovedì 23 febbraio 2012

Modificazioni permanenti


Perché la mia mente mi suggestiona di paesaggi dell’altrove
e le mie mani toccano la sabbia rovente dell’inferno
i miei baci che respirano l’eterno
mentre vivo asfittico il presente assente
sono,
lo so,
seduto su una spiaggia calda
quando tocco il ruvido asfalto nero
che mi riporta indietro,
non posseggo la ragione della menzogna
ma vivo il divenire della mia mente razionale
come già passato di un altro futuro
nel mondo della follia
dove il drago mi concederà occhi nuovi.

mercoledì 22 febbraio 2012

Prima che si spenga la luce


Sento un freddo che non ho mai provato
scaldo le mie mani, strette mi abbraccio
per vivere della mia vita
che sfugge attraverso le mani
che stringono forte.
Freddo.
Guardo lontano la quiete del mare
e il vento che ho dentro mi parla
della vita oltre le stagioni
le foglie immobili di primavere lontane
gli occhi bruciati dal sole di ogni tempo,
e il freddo addosso.
Mi inchino a proteggere quel che resta di un barlume di luce.

martedì 21 febbraio 2012

La necessità della morte


Ho perso la ragione
la parola
non vedo più il mare
non sento il vento
recupero per un attimo l’ultimo filo di lucidità
e,
credo di essere morto.
Aspetto che ritorni dall’altra sponda
il vecchio traghettatore
per vedere se ricorda
ma giura che non sono mai stato lì
guardo il fiume del distacco
e mi tocco
sento la carne, il calore sento gli odori
ma è il mio passato
e del futuro non posseggo visioni
mi lascio cadere sulla sabbia dei dannati
che almeno i vermi riconoscano il mio presente.

lunedì 20 febbraio 2012

Un Mondo di Mondi


“La natura mette i paletti alla conoscenza”, quasi in una visione estatica, il maestro terminava la sua conversazione sulla logica della probabilità, e che, il consesso eterogeneo dei suoi discepoli, avrebbe dovuto, prosaicamente “digerire”, in tutto il tempo necessario, occorrente a ciascuno di loro. Le certezze delle convenzioni, e le convinzioni, fuggirono dalla mia mente, in un istante. Lui con la sua barba fluente, aveva ancora le braccia aperte, come ad abbracciare tutta la verità, anche quella celata, e a invocare per tutti i suoi allievi che fosse loro infusa, in un rito di fecondazione di massa, l’altra scienza, il sapere cosciente dell’anima, che già il seme cominciava a germogliare. La sua religiosità, quando parlava dei mondi microscopici, che determinavano il mondo conosciuto, rasentava la misticità: ” Io esisto, in uno spazio indefinito, in cui occupo una realtà posizionale probabile”. Non un’esistenza definibile da coordinate a tre dimensioni, bensì in una “classe di identità” senza fattori di determinazione che ne stabiliscano la certezza della sua condizione nello spazio, che esiste senza collocazione definibile.

Esiste certamente, senza certezze.

Se esistesse, continuava il maestro mentre il sipario lentamente calava, una teoria, con tutti i necessari elementi logico-matematici, che legasse insieme l’”Atomismo cosciente” e le leggi del cosmo, non vivremmo l’angoscia di immaginare, come sbagliata la legge del cuore o inverso, le leggi dell’universo, una soluzione elegante che possa legare Ahankara e i primi tre minuti dell’esistenza, come un fenomeno di “entanglement”, di due mondi apparentemente incompatibili per la loro grandezza, ma non per appartenenza, perché credo, gridava, oramai dietro le quinte, triste perché non poteva più vedere gli occhi delle sue creature, che la bellezza abbia bisogno di tutti i mondi che possiamo immaginare.



“Un Mondo di Mondi” nasce come ispirazione, nell’aula di fisica del professore Michele, ometto sempre i cognomi, non servono per identificare l’ispirazione, durante la quantizzazione delle possibilità della mente umana. Grazie

giovedì 16 febbraio 2012

Del dolore e della compassione


Quando ho pensato che nome dare al mio primo blog, non ho avuto alcun dubbio, perché quella frase di Leonardo Sciascia mi ritornava con dolore e ciclica ossessione nella testa, e mentre gli anelli giravano nella mia sfera cerebrale, si è reinserita un’antica “armilla”, per questo ieri notte, ho “riesumato” un altro pensatore, che diceva ciò che io ero (mi piace usare il verbo “essere” di esistenza, anche se i filosofi dicono che è solamente un “predicato”). Quale migliore momento, come quello che viviamo, per parlare di “Dolore”, “Compassione” e “Rappresentazione”, quale migliore momento, oggi, che piangiamo lacrime da teatro per i drammi della vita che altri realmente vivono. Se non ora, in quale tempo, parlare di finzione e mitologia della rappresentazione, certamente sarebbe stato più “moderno” sedersi a un tavolo e scrivere, appena uscito da un suschi bar, anziché in una fredda notte senza alghe, ma qui non si rappresenta, si vive!



Il mago

Tremante, trafitto da acute frecce di ghiaccio,
Da te sospinto, pensiero!
Innominabile! Velato! Terrificante!
Tu, cacciatore dietro le nubi!
Piegami, attorcigliami, torturato
D tutti gli eterni martiri,
Colpito
Da te, cacciatore efferato,
Tu – dio ignoto!
Colpisci più a fondo!
Colpisci ancora!
Torturatore!
Tu- dio-carnefice!
O, come il cane, debbo
Rotolarmi per terra davanti a te?
Mio dio ignoto! Mio dolore! Mia ultima- felicità!


Dei predicatori di morte

Ci sono tisici dell’anima: sono appena nati e già cominciano a morire e sono alla ricerca di dottrine della stanchezza e della rinuncia”



Dei preti

Di lacune consisteva lo spirito di questi redentori; ma in ogni lacuna avevano messo la propria illusione, il riempitivo che chiamarono dio.


Riferimenti:
“Il mago”- parte IV pag. 185;
“Dei predicatori di morte” parte I: i discorsi di Zarathustra, pag 52;
“Dei preti”- parte II, pag. 81, I brani sono contenuti, estrapolati e adattati da: “Così parlò Zarathustra”, Friedrich W. Nietzsche Newton Editore, 1980.

martedì 14 febbraio 2012

Le ragazze carrellate- Antropologia di un successo apparente


Provate a guardare con un po’ di attenzione, l’esercito orientale che gravita nelle nostre città, migliaia di ragazze con il carrello, cinesi, di tutte le regioni che compongono quell’enorme paese. Mille oggetti, anche dei più impensabili, tutti contenuti in quel microcosmo di plastiche e metalli dalle origini incerte o se preferite, indicibili. I cultori del “pericolo giallo”, come una volta si definiva, con una punta di razzismo e distacco, come la montagna che guarda il topolino, come se non lo avesse partorito essa stessa, vedono queste mutazioni umane (metà donne e metà carrello) con uno sguardo distratto al presente e compatibilmente con la nostra inclinazione al pietismo becero, pensando: “Poverine”. Ora, che queste ragazze rientrino in una strategia di sfruttamento senza pregiudizi, è vero, ma in mancanza di consapevolezza (dello sfruttato) e guardando le cose con i loro occhi, le nostre “mutanti” sono certe che stanno percorrendo la strada giusta per migliorare la loro posizione economica e, nel migliore dei casi, sociale. Parlo di consapevolezza, perché girando lo sguardo, con obiettività, verso noi stessi, dovremmo dirci: ”Poverini”, perché, guardando con distacco le ragazze carrellate, non ci accorgiamo che anche noi siamo un prodotto antropologicamente mutato, siamo solamente un po’ più avanti, sulla stessa strada, perché anziché il carrello, usiamo i “macchinoni”. Un’umanità mutante, affamata di simboli della modernità e affascinata dalla mitologia del possesso del superfluo, mutazioni inevitabili, mentre i signori delle cose si continuano ad arricchire di vuote inutilità e di assurde scommesse, e inconsapevolmente percorrono, la stessa strada di tutti gli altri mutanti.

lunedì 13 febbraio 2012

La luce inutile


Ero preso da immutabili pensieri tra ” sesso e castità”, per parafrasare Battiato, che improvvisamente mi si forma nella mente un grande orologio, una esigenza tra il mistico e l’impellenza di fermare il tempo, e per un momento, ho invidiato coloro che possiedono verità e certezze assolute: che il numero dieci è quello immediatamente successivo al numero nove; che la montagna più alta della terra non è Mauna Kea; che quando pensano al sesso è quello, e alla castità, chissà! Ma a me, la strada devia sempre, decisamente.



Prima- La luce inutile



Lunghi giorni di pioggia
senza un ombrello
e le notti buie con la luce spenta.
Le bianche porte dai vetri colorati,
restano chiuse
quando invano il sole
cerca la più piccola ferita
per renderti felice
ma hai gli occhi chiusi,
e già vedi lontano il suo tramonto.



Seconda- Il Re dei Tempi



La piccola bottega era situata nella stradina più stretta, dell’angolo più buio, della piazza più piccola, dietro la maestosa torre dell’orologio animato della chiesa più grande, e là, in quel piccolo buco dimenticato, viveva e lavorava il più bravo orologiaio della terra, erano suoi tutti i meccanismi del grande orologio, il “Re del tempo”, lo chiamavano, nella sua piccola casa regnava incessante e magico il ticchettare del tempo. Era appena trascorsa una settimana, da quando il “Direttore del movimento”, la Signora che regnava incontrastata su tutto quanto si muovesse dentro e fuori il gigantesco segnatempo, gli aveva fatto una strana richiesta, per un nuovo, magico scenario animato: “Voglio che tu costruisca la vita dell’uomo, dalla nascita alla morte, nel giro di 180 gradi, nella mezza luna che percorrono tutti gli abitanti dell’orologio”. Una settimana, sette giorni, gli sembrava un tempo così insignificante che, quasi non credeva, che avesse già realizzato quella magnificenza, almeno nel suo modello in scala, che ora poggiava su una stana asse trasparente. Una grande sfera, che ruotava su se stessa, in un complesso moto che coinvolgeva i poli e gli assi equatoriali, con una velocità mano a mano crescente, 180° e ritornava con gli assi allineati in verticale, paralleli all’asse trasparente. La luce era la cosa più impressionante, cominciava, appena uscita dal ventre dell’orologio, con un’esplosione accecante e, durante la rotazione, la sfera andava perdendo luminosità in modo impercettibile, perdeva luce e accresceva la sua bellezza. Andavano aprendosi, a 2 a 2, degli “spicchi” uguali, ora a est e a ovest, poi a sud e a nord e simmetricamente, si apriva a coppie ogni parte di quell’incredibile oggetto. Ogni segmento mostrava al suo interno ogni cosa conosciuta, e dall’altra parte, al suo opposto, materia oscura, cose e luoghi immaginari. Quando la sfera terminava il percorso previsto e, rientrava, dalla parte opposta nel ventre magico del tempo, un punto luminoso, al centro della rotazione, brillava, sempre con minore intensità, fino a quando la sfera non completava i restanti 180°, non vista, e alla conclusione del tempo ideale di rotazione, la luce si spegneva, per ricominciare, all’infinito, la processione degli altri elementi del tempo. Quando il Direttore del Movimento, vide in funzione quella meraviglia, a mezzanotte dell’ultimo giorno, guardò con molta attenzione, e poi scoppiò a piangere, come una bambina, abbraccio il Re del Tempo e gli disse: ” Io pensavo che non avessimo più alcuna speranza, che tutto si sarebbe dissolto, ma ora tu mi hai indicato la luce. Quando finirà questo ciclo, dove le barbarie hanno offuscato l’amore, verrà il tempo, che la luce si riaccenderà e la bellezza soppianterà tutte le forze oscure”. Restarono abbracciati fino a quando fu buio. Dovevano attendere il tempo giusto, e tutto sarebbe cambiato.


Terza- Mi allontano senza fretta


Cammino senza meta e senza ritorno
osservo i movimenti delle cose,
un vento lontano dirige la leggerezza
lontano da me,
ma voglio andare piano
e vivere
la meraviglia del tempo sprecato ad amare.



Voglio precisare che “10” non è solo un numero, è per esempio: 1 e 0, che, per chi mastica di informatica, è magia pura. Anche sull’altezza del Mauna Kea avrei qualcosa da dire, ma per questo debbo ringraziare Agnese: il vulcano è alto 10.205 metri, di cui 4.205 metri sopra il livello del mare; l’Everest è alto 8.848 metri. Bisogna sempre consultare un bambino prima di Wikipedia, e non guardare solamente la superficie.



venerdì 10 febbraio 2012

Come ti senti amico,


Cosa succede dietro il maestoso cancello
di ferro, arrugginito?
Chi sono tutti questi uomini smarriti, e sorridenti?
Mi faccio queste domande mentre percorro
gli stessi passi degli altri perduti,
ma io non sorrido,
non sorrido.
Ora davanti al giudice cieco che mi guarda
balbetto le mie certezze
invoco le leggi della natura
cito tutti i primi che conosco
canto, stonato, la mia canzone preferita:
"Come ti senti amico, amico fragile...."
parlo del vento
che adoro il mare
la neve appena caduta
parlo della mia più grande fortuna, mia figlia
e le persone che amo
della bellezza
dell'amicizia
la primavera, i viaggi e le letture, quello in cui credo
della mia ricerca, della mia incostanza
della mia smisurata voglia di amare.
Ma tu non parli mai di cose, non mi dici ciò che possiedi,
mi interrompe l'incorruttibile giudice,
perché sei cieco, risposi
non mi serve vedere, per darti un valore
tu non hai un valore, hai solo parole,
tu non sei, non hai niente, che c'entrano i miei occhi.
In quel momento, non vista, Margherita con il collo rigato di sangue mi rapì,
e volai verso l'essenza,
mentre, il giudice continuava senza sosta a giudicarmi.

giovedì 9 febbraio 2012

Idrogeno, ma basta?


Quando ho scritto i primi due capitoli de "La sorte degli uomini", ero da poco entrato in sintonia con quanto leggevo del pensiero di René Guénon, perduto com'ero tra doppie elice, viaggi senza eliche e eliche dalle geometrie uniformemente sfalsate, evoluzione e religione, che la ricerca è diventata veramente ardua. Si può conciliare l'assoluta certezza che le leggi dei numeri regolino la vita (e la morte) delle galassie, e noi stessi, che pochi elementi compongano il respiro dell'universo, con l'irrazionale passione che mi lega all'essenza delle cose che, non credo, almeno questa sembra essere l'evidenza, abbia alcuna relazione con numeri, idrogeno, carbonio etc. La struttura più intima degli esseri, il loro, il nostro "Principio" è numero o "poesia"? E' carbonio o musica? Da quando si ricerca la legge unificatrice dei principi fisici (di cui ho scritto), la Legge per eccellenza, mi è sorto il dubbio (anche grazie a Guénon) che la legge "originaria" possa avere in se formule chimico- matematiche e formule metafisiche (non trovo un termine più appropriato), insieme H/1: poesia = C/6: musica. O roba del genere. Non cerco risposte, almeno non nell'immediato.

lunedì 6 febbraio 2012

Il manuale del viaggiatore cieco


Quando i due viaggiatori svoltarono l’angolo dell’elegante edificio in pietra arenaria, si trovarono davanti la cosa più incredibilmente bella, maestosa che avessero mai visto: un’enorme parete in legno di cedro, che si perdeva nel lontano orizzonte alla loro destra. Una costruzione immensa, completamente intagliata e così ricca di particolari, a prima vista incomprensibili, da sembrare un inestricabile labirinto, dove i rilievi, le depressioni, i cunicoli, le curve perfette, gli angoli aggraziati componevano una mappa scolpita di difficile lettura. Troppi segmenti , linee che procedevano diritte verso l’infinito, per fermarsi in cerchi perfetti , dove si specchiavano triangoli equilateri, scaleni, isosceli come in un’immaginaria città iniziatica. E poi fiori, tanti fiori, centinaia, migliaia di intarsi a forma di fiore. Fiori di cipolla, fiori di veccia, fiori di cotone, fiori di tiglio, viburni, gigli e garofani bianchi e, mentre seguiva con il suo dito le linee di quell’incredibile flora di legno, un foro, una piccola apertura, un vuoto, un’interruzione, che non avrebbe mai notato, se non avesse seguito con l’indice della sua mano destra il confine di quell’incredibile prato. Quel vuoto era l’inizio.


Durante i giorni trascorsi a Rabat, avevano frequentato la casa immersa tra le palme da dattero e i rigogliosi limoni di un vecchio salafita che aveva conosciuto a Fossa, in Italia. “Nel punto esatto dove si spezza l’armonia, lì vedrai la luce, e da lì dovrai cominciare a contare” e continuando a parlare della bellezza degli intarsi della porta del mare, consegnò loro un minuscolo e antico libro, dal curioso titolo “Manuale del viaggiatore cieco”. “Non capirete mai la vera essenza del mondo, se i vostri occhi vedranno le sole dimensioni della bellezza colta in un istante, e la giudicherete tale per un sol punto del discreto. Qui dentro è scritto tutto, saprete come fare”. Il viaggiatore anziano, a quel ricordo, mise da parte la stanchezza di sette anni di viaggio e, consegnando alla giovane donna quanto portava con sé, aprì il libro, girò su se stesso di 89°, verso est, e comincio a contare 2017 passi, come diceva il libro. Si fermò dopo avere compiuto quella lunga camminata, non prima di dare una intensa e appassionata occhiata a quel piccolo segmento della porta, là dove ora si trovava, e gli intarsi, ancora una volta non lo delusero, vide un minuscolo piccolo carro sormontato da una sfera perfetta, trainato da uno strano cavallo, della grandezza dell’unghia di un bambino; in una sezione, non più grande del palmo di una mano, erano raffigurate centinaia di forme irriconoscibili, quando si avvicinò, quasi a sfiorare con gli occhi la parete, si accorse della maestosità di quella raffigurazione, che conosceva bene: l’”Axis Mundi”. Era perfetta nelle proporzioni di quel micro cosmo di 1x 1,7 centimetri, sormontato all’apice, a brillare, “il centro”. E ancora impressionato, con gli occhi pieni di lacrime, aveva deciso di proseguire, quando vide una sequenza infinità di parole, forse un rebus, impossibile da risolvere, erano tutte inscritte all’interno di un cerchio azzurro, dove, al suo esterno, lungo la circonferenza, in una perfetta rotazione celeste, poté leggere la frase: ”Le dame di corte della luna”. E per ultimo, quando stava per compiere la rotazione così come era scritta, in alto a circa 11 o 19 metri, notò, abbassando lo sguardo, che partiva oltre la sua testa, una strana sinusoide dai mille colori, bellissima. Lo aveva attirato quel tipico andamento incantatore, anche se percepiva una leggera inquietudine, un particolare invisibile che rompeva quella stringa perfetta. Prese la preziosa lente dalla tasca interna della sua giacca, e si avvicino all’inizio di quel movimento a circa 2 metri d’altezza, e vide: erano tutte figure femminili, di tutte le fattezze, di tutte le latitudini, sembravano avere vita, anche le altezze di quei corpi, che erano diseguali, costruivano quella “S” in maniera praticamente perfetta. Andò alla ricerca della distorsione che lo aveva disturbato, e la trovò: una figura maschile. Non poteva più trattenersi, si girò di altri 89° verso sud, e comincio il primo dei 12113 passi previsti in quella direzione. Più si allontanava da quella meraviglia, più vedeva sfocare tutte le cose che aveva ammirato e toccato, senza capirne il senso. Quando l’ultimo del primo fu compiuto, si fermò, riprese per un attimo fiato, e girò su se stesso di altri 181°, verso la porta, e compiuta la rotazione, mise i piedi a compasso per completare la svolta verso l’origine: + 1°.

“Sono due che si baciano”, gridò alla giovane, come se potesse sentirlo da quella distanza, e poi quasi mormorando a se stesso: “L’immensità dell’amore”.

Riprese il suo viaggio di ritorno verso la grande porta: “L’Amore imperscrutabile”, “L’Amore ha mille particolari”, “I profumi dell’Amore”, “Il futuro dell’Amore”, “L’Amore e i suoi demoni”, “L’intersecazioni dell’Amore”, “La saggezza dell’Amore”, un passo dietro l’altro, andava recitando quello strano mantra, che avrebbe insegnato a sua figlia, quel lontano puntino colorato vicino alla grande porta.


mercoledì 1 febbraio 2012

Simbolismo e democrazia

Uno dei dogmi laici maggiormente rappresentativo del cosiddetto "modernismo" è il "Democratismo" che per l'argomento di questo post, mi limiterò all'aspetto della partecipazione di tutti gli individui alla vita politica di una comunità. Il presupposto perché si realizzi, in prima istanza, quanto contenuto nel suo prefisso "Demos", è che tutti, ogni singolo membro, partecipi alla gestione del "Cratos", concetto contenuto nel suffisso. Demos- Cratos o Governo del Popolo. Ma aldilà del principio rivoluzionario, ma effimero, come ci suggerisce Renè Guénon nel suo "La Crise du monde moderne" (1), valutiamo l'effettiva consistenza di questo principio, ma "partendo dalle conseguenze anziché dai principi, essa mancherebbe per forza di una base seria..." perché, secondo questo pericoloso(2) pensatore della fine dell'ottocento, essa si basa su un presupposto sbagliato: l'assoluta "eguaglianza degli individui" (3), presupposto che non esiste in natura, che si è voluto adottare (nelle manipolazioni che ne sono seguite) al fine di creare una assoluta indistinguibile uniformità nella grande comunità umana, dove la maggiore ricchezza è proprio nelle sue differenze. Il paradigma dell'eguaglianza cieca, in nome di una pseudo partecipazione alla gestione della "cosa" pubblica, ha portato a credere che un simbolo potesse soddisfare il principio:

X=Libertà.

Tu apponi una croce (e già "croce" è tutto un dire) e sei, insieme a tutti gli altri, protagonista nel comporre il "prefisso", credi che la tua partecipazione, attraverso lo strumento della delega, soddisfi in pieno il principio di partecipazione attiva, sei parte di una comunità e, con essa, gestisci il potere. Così si è portati a credere. Ma basterebbe valutare le "conseguenze" come indica quell'estremista di destra (2) di Guénon, perché tutto ci possa apparire chiaro, provate a chiedere a quei seguaci moderni del pensiero di Pericle che abitano la Val di Susa!

Mi corre l'obbligo di ringraziare un amico, che molte volte ho citato, perché con la sua breve escursione sul valore storico- sociale di "X", ha ispirato questo post. Grazie Genio Pigro, ti voglio dedicare una "massima": Le cose che diciamo, molte volte, sono espressioni verbali della nostra Essenza, che ci ricorda, che non sempre siamo come appariamo.



NOTE:

(1) "La crisi del mondo moderno" un saggio scritto nel 1927, che avuto la sua prima edizione nel 1972, una critica feroce al materialismo e ai suoi "pseudo- principi"

(2) http://scandalizzareeundiritto.blogspot.com/2011/04/rene-guenon-maestro-di-tolleranza.html?spref=fb

(3) R. Guénon Op.Cit.