martedì 14 febbraio 2012

Le ragazze carrellate- Antropologia di un successo apparente


Provate a guardare con un po’ di attenzione, l’esercito orientale che gravita nelle nostre città, migliaia di ragazze con il carrello, cinesi, di tutte le regioni che compongono quell’enorme paese. Mille oggetti, anche dei più impensabili, tutti contenuti in quel microcosmo di plastiche e metalli dalle origini incerte o se preferite, indicibili. I cultori del “pericolo giallo”, come una volta si definiva, con una punta di razzismo e distacco, come la montagna che guarda il topolino, come se non lo avesse partorito essa stessa, vedono queste mutazioni umane (metà donne e metà carrello) con uno sguardo distratto al presente e compatibilmente con la nostra inclinazione al pietismo becero, pensando: “Poverine”. Ora, che queste ragazze rientrino in una strategia di sfruttamento senza pregiudizi, è vero, ma in mancanza di consapevolezza (dello sfruttato) e guardando le cose con i loro occhi, le nostre “mutanti” sono certe che stanno percorrendo la strada giusta per migliorare la loro posizione economica e, nel migliore dei casi, sociale. Parlo di consapevolezza, perché girando lo sguardo, con obiettività, verso noi stessi, dovremmo dirci: ”Poverini”, perché, guardando con distacco le ragazze carrellate, non ci accorgiamo che anche noi siamo un prodotto antropologicamente mutato, siamo solamente un po’ più avanti, sulla stessa strada, perché anziché il carrello, usiamo i “macchinoni”. Un’umanità mutante, affamata di simboli della modernità e affascinata dalla mitologia del possesso del superfluo, mutazioni inevitabili, mentre i signori delle cose si continuano ad arricchire di vuote inutilità e di assurde scommesse, e inconsapevolmente percorrono, la stessa strada di tutti gli altri mutanti.

Nessun commento:

Posta un commento