venerdì 6 maggio 2011

La poetica della ribellione

Non so se vi capita di non essere capiti, come se, semplicemente, le persone con le quali ti relazioni parlassero una lingua diversa dalla tua. Poi rifletti, dopo avere rivisto, controllato, quasi sezionato le cose che hai detto, e ti rendi conto che, non è un uso incongruo di idiomi, ma un uso di argomenti scomodi, a costruire il solido muro d'incomprensione. Il cervello umano si è evoluto secondo il preciso paradigma della sopravvivenza (ne ho parlato in un precedente post) e non lascia in alcun modo la possibilità di deviare dalla sua costruzione, rinnegando tutto quello che potrebbe comprometterla. Forse in un piccolo spazio, registra queste deviazioni, le elabora forse, aggiungo per la seconda volta, perché potrebbero essere utili per una rivalutazione paradigmatica del significato di "sopravvivere". Quello che succede non lo so. So, per certo che del cervello umano si conosce solamente una piccola parte delle sue funzioni (già definirli una piccola parte sembra quasi assurdo), figuriamoci se si scoprisse che in una delle sue infinite interconnessioni fosse collocato un neurorecettore, che comanda un enzima, che innesca una reazione, che ti fa pronunciare:"Se io sono un mediocre rappresentante della razza umana, e ho un potere immenso, perché dovrei mettere in discussione la mia mediocrità"!

P.S. Gli argomenti scomodi erano molteplici, ne cito uno per tutti:"Se in democrazia vale l'assioma un uomo, un voto, conta sempre uno, il voto di un uomo che nella sua vita ha letto solamente il manuale d'uso del suo ultimo telefonino?
Colgo l'occasione del post scriptum, per scusarmi dell'uso di termini come "neurorecettore" o di termini della stessa natura, che utilizzo esclusivamente per supportare la tesi letteraria, e di cui, come il nostro cervello, conosco appena il 3% (o 3x1000?)del significato e delle funzioni.

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